Gaza, la testimonianza della dottoressa di Msf: «Chi è morto i primi giorni di guerra è stato fortunato» – Il video
Medici Senza Frontiere (MSF) ha rilasciato la testimonianza della dottoressa Ruba, operatrice a Gaza. «Non credo che qualsiasi cosa io dica possa cambiare la situazione. Il mio unico messaggio – spiega in un audio – è che i palestinesi hanno il diritto di essere trattati come esseri umani, hanno il diritto di vivere. Ogni giorno, ogni notte temo per la vita dei miei figli e per la mia. Mi dispiace dirlo, ma dopo 60 giorni di guerra sto perdendo la speranza e dico che quelli che sono morti nei primi giorni sono stati molto fortunati». «Non sono stati testimoni di due mesi, di giorni e notti, terrificanti. Vedo la mia gente soffrire e non posso fare nulla. Questo mondo non è giusto. Siamo sfollati a sud della valle, che dovrebbe essere un’area sicura, ma ogni notte, ogni giorno, ci sono attacchi aerei. Prendono di mira tutti. Nessuno è al sicuro. Vediamo molti tipi di ferite, dalle ustioni alle ferite aperte. Vediamo anche fratture. Inoltre, ci sono molti bambini con amputazioni», racconta il medico.
La situazione a Sud tra zero farmaci e il rischio di epidemie
«Abbiamo solo forniture mediche di base, come paracetamolo o ibuprofene e altro materiale per medicazioni, ma purtroppo non abbiamo accesso alla nostra clinica. L’esercito israeliano ha tagliato la strada», spiega Ruba. «Abbiamo curato – ha aggiunto la dottoressa Msf – una bambina di sei anni gravemente ferita. Aveva una ferita aperta, le abbiamo applicato un fissatore esterno. Piangeva e gridava. Implorava di avere degli antidolorifici o sedativi, perché era stanca per il dolore e per l’impossibilità di muovere il braccio. Nella maggior parte dei rifugi per sfollati le persone cominciano ad avere malattie della pelle, sintomi gastrointestinali, e in un rifugio vicino a dove mi trovo, c’è un focolaio di epatite A». Ruba conclude spiegando che sia l’acqua che il cibo non sono puliti: «La gente mangia tutto quello che trova, perché qui si muore di fame».
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