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Capolavoro del Tar del Lazio: due giudici ricorrono contro il Csm. E i magistrati amministrativi riescono a dare ragione a tutti

09 Dicembre 2023 - 19:53 Fosca Bincher
Nella sentenza "salomonica", entrambe le parti hanno visto riconosciute le proprie ragioni e la punizione comminata è stata cancellata

Una sentenza davvero salomonica quella che il Tar del Lazio ha emesso nella contesa fra due giudici della Corte di Appello di Catanzaro e il Consiglio superiore della Magistratura che li aveva trasferiti di ufficio per incompatibilità ambientale: entrambe le parti infatti hanno visto riconosciute le proprie ragioni, anche se alla fine la punizione comminata è stata cancellata. Non ci si trova spesso nelle aule di tribunale davanti a un equilibrismo così raffinato, e la sentenza conferma il fatto che salvo rari casi un magistrato difficilmente trova un collega disposto a dargli contro.

Oscurati i nomi, ma i particolari svelano tutto

Nella sentenza del Tar del Lazio sono oscurati e nascosti sempre da XXXX i nomi dei protagonisti, ma i particolari necessari a raccontare la contesa e i numeri delle delibere del Csm oggetto del ricorso portano inevitabilmente a svelare l’identità dei protagonisti. I ricorrenti infatti sono i due giudici – Giuseppe Perri e Pietro Scuteri – che con due delibere del Csm sono stati trasferiti di ufficio da Catanzaro in altro distretto calabrese nell’autunno dell’anno scorso per «incompatibilità ambientale».

L’avvocato Giancarlo Pittelli

Tutto ruotava su una cena a casa dell’avvocato Gianfranco Pittelli

Perri e Scuteri erano stati intercettati infatti a una cena a casa dell’avvocato Giancarlo Pittelli, due volte deputato e una volta senatore di Forza Italia più volte arrestato in questi anni e a fine novembre condannato in primo grado a 11 anni per concorso esterno in associazione mafiosa al termine del processo Rinascita Scott in cui l’accusa era stata sostenuta dall’allora procuratore Nicola Gratteri, che oggi guida la procura di Napoli. Pittelli era avvocato penalista nel distretto in cui operavano i due magistrati, e nelle intercettazioni è emerso il carattere amicale del loro rapporto nonché la comune avversione a Gratteri e al suo modo di operare.

Per il Tar il Csm ha deciso la cosa giusta…

I due giudici sono stati censurati in commissione disciplinare che ha proposto il loro trasferimento di ufficio per incompatibilità ambientale, e poi se la sono dovuta vedere con il plenum del Csm che ha confermato la decisione. Secondo il Tar del Lazio facendo la cosa giusta, e non meritando la censura dei due giudici ricorrenti: «Reputa il Collegio», scrive la sentenza, «che il Csm abbia condiviso la proposta della Commissione sulla base di una valutazione non apparentemente illogica ed immune da vizi, ampiamente suffragata dalle risultanze procedimentali richiamate nel provvedimento, di tal che tali censure devono essere disattese».

Il plenum del Consiglio superiore della magistratura

… Ma hanno ragione anche i due ricorrenti e tutto viene annullato

Il colpo al cerchio sembrava così sonoramente assestato. Ma il Tar del Lazio aveva pronto anche il colpo alla botte. Sì, perché pure essendo in evidente incompatibilità ambientale, i due giudici avevano cercato di anticipare il Csm facendo «domanda di trasferimento volontario in altra sede al di fuori del distretto di Catanzaro» che avrebbe loro evitato il provvedimento disciplinare con le conseguenti ammaccature nello statino della carriera. Né la prima commissione del Csm né il Plenum però ne hanno tenuto conto, bocciando anzi la domanda perché l’incompatibilità ambientale doveva essere considerata su tutto il territorio calabrese. Solo che poi il trasferimento di ufficio è stato stabilito a Reggio Calabria, che di quel territorio è senza dubbio parte oltre ad essere una delle sedi richieste volontariamente dai due. Secondo il Tar del Lazio il Csm «avrebbe dovuto tener conto dell’indicazione espressa dall’interessato per il trasferimento in una delle sedi ricomprese nel distretto di Reggio Calabria», e «il trasferimento d’ufficio adottato senza l’espletamento di tale fase risulta dunque illegittimo». E allora il Tar del Lazio «definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li accoglie nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati. Compensa le spese». Anche i costi divisi a metà: re Salomone puro.

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