Meloni sul Mes attacca Elly Schlein: «Dibattito ideologico». E la segretaria Pd: «Fanno il gioco delle tre carte» – Il video
«Credo fermamente che non sarebbe responsabile accettare un patto di stabilità al quale nessuno Stato potrebbe conformarsi. Dobbiamo essere seri al riguardo. Tuttavia, intravedo possibilità per una soluzione concreta che tenga debitamente conto del contesto in cui agiamo». Sono le parole con cui Giorgia Meloni, in linea con le dichiarazioni dei giorni scorsi, ha parlato della trattativa in corso sulla riforma del Patto di stabilità, tema che sarà trattato anche durate il Consiglio Europeo che si aprirà il 14 dicembre. L’occasione per ribadire il proprio convincimento è stata la presentazione del PhotoAnsa 2023 a Roma, al quale la premier ha partecipato in collegamento. Si è discusso anche di Mes, e qui il tono della premier è stato più nervoso: «Il dibattito sul Mes è tipicamente italiano e ricco di sfumature ideologiche; rappresenta chiaramente la strumentalizzazione di alcune posizioni. Non è possibile discutere del Mes senza una conoscenza approfondita del contesto. Alcune dichiarazioni mi suscitano un sorriso, come quelle della segretaria del Pd, Elly Schlein, che afferma: “Non possiamo tenere ferma tutta Europa”. Forse non è a conoscenza dell’esistenza del Mes, chiunque desideri attivarlo può farlo tranquillamente», ha detto la premier, per poi aggiungere sempre a proposito delle posizioni di Elly Schlein: «Forse è il caso di interrogarsi sul motivo per cui, in un periodo in cui tutti ci impegniamo al massimo per reperire risorse, nessuno sembra volerlo attivare: questo dovrebbe essere il nucleo del dibattito».
La risposta della segretaria Pd
Non ha tardato ad arrivare la replica di Schlein: «Giorgia Meloni fa il gioco delle tre carte. È troppo occupata a difendere una manovra economica indifendibile e dimentica i fatti. Primo: quello di cui discute non è l’attivazione del Mes ma la ratifica del trattato che lo modifica. Secondo: 26 Paesi su 27 hanno già ratificato le modifiche. Sono Paesi governati da coalizioni di ogni colore politico. Terzo fatto: rimane solo l’Italia, perché la destra è prigioniera della sua propaganda ideologica».
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