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I maldipancia M5s, il ricatto del Pnrr, le baruffe parlamentari e poi il sì. Ecco come Giuseppe Conte firmò ancora in sella il nuovo trattato Mes

13 Dicembre 2023 - 21:55 Franco Bechis
Il fax sventolato oggi dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni a firma di Luigi Di Maio è solo l’ultimo atto di quel governo giallorosso, ma certo non quello più importante e decisivo. Cronaca di un terremoto lungo undici giorni

Il fax a firma di Luigi Di Maio sventolato in aula da Giorgia Meloni per accusare Giuseppe Conte di avere costretto l’Italia a ratificare la riforma del Mes è solo l’ultimo atto di quel governo giallorosso, ma certo non quello più importante e decisivo. Perché con quel fax veniva semplicemente inviato l’ambasciatore italiano alla cerimonia in cui veniva presentato e formalizzato l’accordo sul Mes votato ai massimi livelli dal governo italiano e da Conte stesso un mese prima.

11 giorni perché M5s dicesse sì

Sono stati undici i giorni che all’epoca terremotarono proprio sul Mes il Movimento 5 stelle, e di conseguenza la maggioranza su cui si stava reggendo in quel momento il governo giallorosso di Conte: quelli fra il 30 novembre e l’11 dicembre 2020. Ma per due volte alla fine il Parlamento a maggioranza votò una risoluzione che consentiva al governo italiano di dire sì alla riforma del Mes come fu fatto dall’Italia prima all’interno dell’Eurogruppo e poi nella riunione finale del Consiglio europeo dei capi di Stato.

Il pacchetto di Gualtieri

L’allora premier italiano Giuseppe Conte aveva appena ottenuto il PNRR per l’Italia e quindi era il primo a sapere di non essere in condizione di dire di no al Mes con i partner europei che avevano ancora le mani sul grilletto dei fondi da dare all’Italia. Ma Conte sapeva altrettanto bene quanto era indigesto il Mes per i suoi cinque stelle. Così mandò avanti il suo ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri. Per evitare un voto Gualtieri si presentò il 30 novembre 2020 davanti alle commissioni bilancio, finanze e politiche Ue riunite di Camera e Senato. E annunciò il sì al Mes che avrebbe pronunciato nel pomeriggio all’Eurogruppo che era stato convocato per questo. Per ammorbidire l’annunciò però Gualtieri tirò fuori dal cappello una condizione in assoluto politichese: il sì sarebbe stato pronunciato procedendo però «con una logica a pacchetto». Gualtieri la spiegò così: «Coscienti di questa opportunità, ci impegneremo affinché la decisione politica positiva sulla riduzione dei rischi e sull’anticipazione del Common Backstop sia presa oggi insieme a quella sul Trattato MES, che sarebbe quindi parte di un pacchetto che comprenderebbe una valutazione positiva sul sistema bancario europeo ed italiano. E che di conseguenza anche i due processi di firma e successiva ratifica del Trattato MES e dell’emendamento dell’accordo intergovernativo istituzione del backstop, siano avviati insieme. Quindi, il passaggio da un meccanismo di processo a sequenza a un processo parallelo. Un pacchetto che, grazie al ruolo dell’Italia, costituirebbe un ulteriore positivo passo avanti del processo di integrazione europea».

Dopo l’Eurogruppo scoppia il M5s

Quel pomeriggio stesso Gualtieri disse sì al Mes a nome dell’Italia votando il documento finale insieme agli altri ministri economici europei. Quel pomeriggio Paschal Donohoe, presidente dell’Eurogruppo, spiegò in conferenza stampa: «L’Eurogruppo ha convenuto di procedere con la riforma del meccanismo europeo di stabilità (MES), ossia firmare il trattato MES riveduto e avviarne la ratifica. Gli adeguamenti concordati oggi svilupperanno ulteriormente l’insieme di strumenti del MES. Procederemo ora alla firma del trattato, prevista in gennaio, e avvieremo le procedure di ratifica a livello nazionale». Per il M5s fu una sorta di bomba scoppiata in casa, che portò prima a una lettera di fuoco contro il governo Conte di 58 parlamentari e poi il 4 dicembre 2020 a una drammatica riunione in zoom dei gruppi parlamentari. Alla fine il capo politico reggente del M5s, Vito Crimi, fece passare una linea che molti definirono «supercazzola»: i grillini si sarebbero opposti senza se e senza ma alla attivazione del Mes da parte dell’Italia, ma avrebbero consentito la firma del pacchetto che conteneva il nuovo Mes.

Conte in Parlamento e poi il suo sì davanti all’Europa

Il 9 dicembre 2020 Conte si presentò in Parlamento per annunciare il suo sì definitivo al “pacchetto Mes” che sarebbe stato all’esame del Consiglio europeo del 10 e dell’11 dicembre successivo. La maggioranza che sosteneva il suo governo presentò una risoluzione a prima firma Graziano Delrio (Pd) e a seconda firma Davide Crippa (M5s) in cui si impegnava il governo (punto 6, lettera b) «a finalizzare l’accordo politico raggiunto all’eurogruppo e all’ordine del giorno dell’Eurosummit sulla riforma del trattato del Mes». Con quel mandato dei suoi Conte al consiglio di Europa disse sì al nuovo trattato sul Mes due giorni dopo. L’11 dicembre il comunicato finale del consiglio europeo spiega che Conte e gli altri capi di governo «hanno accolto con favore l’accordo raggiunto in sede di Eurogruppo in formato inclusivo sulla riforma del meccanismo europeo di stabilità (MES), come richiesto dal Vertice euro del giugno 2018. Tra le altre cose, la riforma istituisce un sostegno comune al Fondo di risoluzione unico (SRF) sotto forma di una linea di credito del MES, la cui introduzione è anticipata di due anni, vale a dire all’inizio del 2022». Nel documento dell’eurogruppo ratificato si spiega che gli stati europei avevano «deciso di procedere con la riforma del Meccanismo europeo di stabilità (MES), di firmare il trattato rivisto nel gennaio 2021 e di avviare il processo di ratifica».

La firma una formalità, a impegnare l’Italia sul Mes fu solo Conte

Quindi il fax finale di Di Maio a governo caduto procedeva alla ordinaria amministrazione, inviando un ambasciatore alla firma cui il governo si era impegnato un mese prima. L’Italia ha detto sì alla firma del nuovo Mes l’11 dicembre con un impegno formale preso solo da Conte (che aveva concordato anche il sì di Gualtieri nella riunione Eurogruppo precedente). E formalmente la firma è stata apposta a nome del governo Conte dimissionario prima che il premier si arrendesse e fosse costretto a passare la mano a Mario Draghi. Quello cui è stato detto sì da Conte è un nuovo trattato che fa ripartire da zero il Mes e che non ha nulla a che vedere con il meccanismo di stabilità precedente (assai più insidioso per le condizionalità) che era stato firmato all’epoca dell’ultimo governo di Silvio Berlusconi. Questo Mes che il Parlamento italiano dovrà alla fine ratificare (perché anche questo impegno formale è stato preso l’11 dicembre 2020 a nome dell’Italia) dunque non ha antenati politici: è attribuibile solo a Conte e al suo governo giallorosso dell’epoca.

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