Il testimone e la sigaretta, i rifiuti, i sistemi antincendio: cosa sappiamo del rogo all’ospedale di Tivoli
Ufficialmente rimane una rigida riservatezza sulle indagini riguardo l’incendio divampato lo scorso 8 dicembre nell’ospedale San Giovanni Evangelista di Tivoli, in provincia di Roma, che ha portato alla morte di tre pazienti. I dettagli e le ipotesi di lavoro però, con il passare del tempo continuano ad affiorare. Fino ad ora quello che è possibile affermare con certezza è che la Procura di Tivoli disporrà una maxi consulenza, che il fascicolo resta contro ignoti e che non ci sono elementi per ipotizzare alcuna volontarietà dei fatti. Per questo i reati ipotizzati sono quelli di omicidio colposo plurimo e incendio colposo. Il Messaggero però aggiunge un pezzo potenzialmente importante al puzzle, citando un testimone che avrebbe visto qualcuno gettare una sigaretta da un balcone. Uno di quelli che affacciano sul cortile interno del nosocomio: lì si trovava l’ammasso di rifiuti da cui sarebbero nate le fiamme, probabilmente anche con la complicità del vento.
La sigaretta e la spazzatura
Chiarire quale sia stato il punto di innesco delle fiamme, quello da cui è partito l’incendio, sarà determinante per l’esito delle indagini, ed infatti è proprio quello su cui al momento si starebbero concentrando gli inquirenti.
Le responsabilità
Le immagini delle videocamere di sorveglianza non hanno denunciato la presenza di persone, né il lancio di oggetti dall’esterno verso il cumulo di immondizia altamente infiammabile. Proprio a causa di questo ammasso di spazzatura i responsabili delle ditte addette alla gestione del ciclo dei rifiuti dell’ospedale potrebbero però finire nel mirino della Procura di Tivoli. Così come i responsabili della sicurezza, dai vertici dell’ospedale a quelli della Asl, che non avrebbero segnalato la presenza di rifiuti fuori norma. Il secondo binario su cui invece insisteranno gli inquirenti, nel tentativo di accertare le responsabilità, si concentra sulle condizioni in cui versava l’ospedale, e su quelle dei suoi sistemi antincendio. Il sospetto degli investigatori è che il piano di prevenzione potrebbe non essere stato aggiornato dopo alcuni importanti interventi di ristrutturazione della struttura, eseguiti tra il 2020 e il 2021. Giorgio Giulio Santonocito, direttore generale della Asl Roma 5, sostiene tuttavia che «il piano di evacuazione esiste, le squadre antincendio c’erano: l’impianto era costantemente in manutenzione ed era stato revisionato, così come le porte tagliafuoco». Un mistero ancora fitto: adesso si guarda ai risultati delle autopsie disposte sul corpo delle vittime, che dovrebbero arrivare a stretto giro.
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