Gli attivisti Lgbtq+ ucraini e il sogno dell’ingresso nella Ue: «Solo così avremo una legge sulle unioni civili» – Le interviste
La decisione di Bruxelles di accelerare gli accordi di ingresso dell’Ucraina nell’Unione rappresenta un passo importante anche per la difesa dei diritti umani a Kiev. In particolare quelli della comunità Lgbtqia+. Secondo la relazione sulla fattibilità dell’allargamento dell’Ue, avanzata a giugno dello scorso anno e nella quale la Commissione tracciava un percorso di azioni da intraprendere per garantire l’efficace «assorbimento» di qualsiasi nuovo Stato, veniva evidenziato nero su bianco come «la tolleranza e l’accettazione delle persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender, intersessuali o queer» erano in aumento nella società ucraina. Mentre si sottolineava «la tendenza verso una diminuzione del numero di attacchi e crimini d’odio contro la comunità». Eppure, la situazione della comunità arcobaleno, purché migliorata nel corso degli anni anche rispetto ai Paesi vicini, presenta problematiche ancora insolute. «Non abbiamo una legge sulle unioni civili e quella contro i crimini d’odio», dicono a Open gli attivisti del Kyiv Pride e l’associazione che protegge i militari gay al fronte in Ucraina (Lgbt military).«La loro approvazione – continuano – viene ostacolata anche dai movimenti anti-gender e dalle associazioni pro-life».
Dal report stilato a inizio estate dall’Ue, Kiev sembra rispettare «gli standard europei e internazionali» sui diritti umani. Ciò significa che per la Commissione Ue l’ambito dei cosiddetti Fundamental rights è al momento soddisfatto. Mentre sulle altre partite cruciali per adempiere ai criteri europei – dalla lotta alla corruzione alla protezione delle minoranze – Kiev sembra invece aver fatto i compiti a casa: ha già approvato «tre delle quattro leggi» chieste dall’esecutivo di Bruxelles per dare avvio ai lavori negoziali. L’ultima è stata depositata al parlamento. Ora tocca all’Ue rispettare gli impegni presi. Ma al Consiglio europeo del 14-15 novembre, dove dipenderà buona parte del futuro di Kiev, serve però l’unanimità per le decisioni più complesse. E a mettere i bastoni tra le ruote sulle trattative, e pure sullo stanziamento di aiuti a Kiev pari a 50 miliardi, è la solita Ungheria di Viktor Orbán che minaccia di far saltare tutto. Ma con l’Ucraina sempre più vicina all’ingresso nell’Ue, qual è lo stato dei diritti della comunità arcobaleno nel Paese?
La legge sulle unioni civili
L’Ucraina è stato il primo Paese post-sovietico a depenalizzare l’omosessualità, dopo aver ottenuto l’indipendenza nel 1991, ma a livello legale non c’è ancora un riconoscimento delle unioni omosessuali. Inna Sovsun, del partito liberale “Holos”, che oggi è all’opposizione, ha presentato a marzo di questo anno un disegno di legge sulle unioni civili tra persone dello stesso sesso. «La proposta sulle unioni civili e quella contro la discriminazione e i crimini d’odio sono ancora in Parlamento», spiegano gli attivisti del Kyiv Pride e l’associazione che protegge i militari gay al fronte in Ucraina (Lgbt military), intervistati da Open. Nonostante l’iter legislativo non sia ancora cominciato e sembrerebbe essere fermo alla Verchovna Rada, il disegno di legge all’epoca aveva ottenuto grande successo tra i parlamentari del partito “Servitore del Popolo” del presidente Zelensky e pure tra i deputati più conservatori che credono sia «necessario fare tutto ciò che il nostro nemico odia (la Russia, ndr)», il commento del parlamentare Andrii Kozhemiakin. «Se una cosa del genere non esisterà mai in Russia – aveva detto -, dovrebbe esistere ed essere supportata qui, per dimostrargli che siamo diversi. Questa legge è come un sorriso verso l’Europa e un dito medio alla Russia. Quindi, la sostengo». Nonostante i buoni propositi, il governo ucraino sarebbe al lavoro su una sua proposta più moderata, nella speranza di bypassare i conservatori e pure i liberali. Il leader di Kiev – in risposta a una petizione sulla legalizzazione del matrimonio tra persone dello stesso sesso, firmata da 28.000 persone – ha inoltre ribadito che l’approvazione della legge sulle unioni civili richiederebbe la modifica della Costituzione ucraina, che «non può essere cambiata durante uno stato di guerra o di emergenza».
L’ingresso nell’Ue
Eppure, il percorso dell’Ucraina verso l’Unione europea potrebbe aiutare le riforme in stallo all’assemblea monocamerale di Kiev. «Siamo membri della famiglia europea, dell’Ue e della Nato», dicono gli attivisti. «Abbiamo bisogno del sostegno dei nostri alleati e amici internazionali per raggiungere le menti dei nostri parlamentari e cambiare le loro vecchie narrazioni». Nonostante la consapevolezza di una maggiore inclusività e uguaglianza nel Paese – richieste, tra l’altro, dal processo di adesione del Paese all’Ue – gli attivisti del Kyiv Pride ritengono che l’Europa e l’Occidente nel suo complesso «non stiano facendo abbastanza per sostenere le persone Lgbtqia+ in Ucraina» perché «è noto che il movimento anti-gender in tutto il mondo è stato finanziato molto di più del movimento Lgbt», dicono. «In Ucraina – spiegano – lo vediamo benissimo. Il movimento anti-gender è molto attivo e potente e insieme alle varie organizzazioni religiose, come i pro-life, stanno cercando di ostacolare l’approvazione delle leggi sulle unioni civili e i crimini d’odio». Per l’organizzazione di Kiev, infatti, «molti di questi movimenti sono finanziati dalla Russia, altri dagli Stati Uniti, altri ancora hanno legami con la Polonia, l’Italia e pure il Vaticano». In questo senso, «abbiamo bisogno di più aiuto da parte della società civile, degli Stati membri perché i movimenti omofobi non sono certo la cosa di cui abbiamo bisogno in Europa e purtroppo ne vediamo la crescita ovunque», dicono.
L’omofobia di Putin ha aumentato il sostegno della comunità Lgbt ucraina
Ciò che è certo è che «gli ucraini non vogliono avere niente in comune con Mosca», dove l’omosessualità è diventata illegale e una patologia da «correggere». Per gli attivisti «la narrativa di Stato russa si basa sull’omofobia, la transfobia e la xenofobia. In ogni apparizione – ribadiscono -, Putin attacca le persone gay, trans e pure femministe». Quando il presidente russo ha annunciato l’invasione su vasta scala dell’Ucraina ha in parte giustificato la mossa come un mezzo per difendere i “valori tradizionali” contro il mondo Occidentale. La propaganda era in parte rivolta a una specifica fetta di popolazione conservatrice contraria al riconoscimento sociale e legale della comunità arcobaleno, che il presidente della Federazione Russa avrebbe voluto al suo fianco. L’ultimo atto di questa narrazione omofobia risale a un mese fa quando la Corte Suprema russa ha messo al bando il movimento internazionale Lgbt bollandolo come «organizzazione estremista». Ma a quasi due anni dall’inizio della guerra, Putin sembra aver ottenuto esattamente l’opposto di quello che si era prefissato. Da quel 24 febbraio 2022, la società ucraina ha visto un forte aumento del sostegno alla comunità Lgbtqia+: può essere considerata per certi versi una diretta conseguenza delle azioni del regime.
Le motivazioni che hanno contribuito a questo cambiamento interno alla società ucraina sono da ricercare nell’antagonismo verso l’ideologia omofoba di Putin, nel riconoscimento dei valori inclusivi europei, anche con il futuro ingresso del Paese nell’Ue, e nella massiccia presenza di militari omosessuali nelle forze armate. «Il sostegno alla nostra comunità è cresciuto sia perché non vogliamo ripetere la narrazione di Putin, di Lavrov e di altri politici russi che parlano continuamente di lobby gay e trans, ma anche perché anche noi lottiamo in prima linea per il nostro Paese», dice Edward Reese del Kyiv Pride. Le ricerche condotte in tempo di guerra, spiega Lgbt military, dicono che il 62% degli ucraini sostiene la parità dei diritti, l’82% il personale militare Lgbtqia+ al fronte. «Agli ucraini non importa se sei gay o etero, se stai proteggendo l’Ucraina dall’aggressione russa meriti rispetto», spiegano. Sono migliaia i soldati queer in servizio nell’esercito ucraino. Sebbene molto di loro non abbiano fatto coming out per «paura delle ritorsioni e del clima omofobo nelle forze armate», la loro visibilità e «accettazione sta crescendo». Il problema, ribadisce l’associazione, è che non ci sono ancora leggi che tutelano le loro relazioni. «Quei soldati non possono inserire le informazioni sui loro partner, quindi se dovesse succedere qualcosa sul campo di battaglia, il loro compagno non verrebbe informato. Se invece uno dei due partner dovesse morire, l’altro non potrebbe ricevere un risarcimento dal governo o l’eredità del partner. Inoltre non possono essere sepolti in un cimitero di famiglia e addirittura non possono partecipare alla cerimonia». Ed ecco che allora in questo contesto diventa prerogativa fondamentale proteggere i diritti Lgbt+ in quanto diritti umani dai quali dipende la salute della nostre democrazie e dell’Unione.
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