Laura Santi ha la sclerosi multipla: «Ma la mia azienda sanitaria mi nega il fine vita»
Laura Santi di Perugia ha 48 anni e da 27 combatte contro la sclerosi multipla. Dal 2017 non cammina più. Dal 2020 è condannata a dipendere dagli altri. Ma l’Usl Umbria 1 ha detto no alla sua richiesta di fine vita formulata due anni e mezzo fa. In un’intervista a La Stampa Laura dice di sentirsi «un po’ più sola e un po’ più in trappola. Ma, con i legali dell’associazione Luca Coscioni, intendo continuare a combattere. Il giudizio dell’Usl non mi sorprende, già la commissione medica si era espressa negativamente. Ma vivo tutti i giorni con la malattia, che progredisce e mi rende la vita impossibile: piena di dolori e piena di nulla».
Assistenza continua
Ora, dice, ha perso ogni autonomia: «Le mie gambe se ne sono andate, se n’è andato il mio braccio sinistro – sono mancina – e se ne sta andando il tronco. Ho bisogno di assistenza continua». Poi spiega: «Ho avanzato la richiesta per il fine vita nell’aprile 2022. Ma ancora voglio vivere, anche perché di vita ce n’è una sola. Oggi sono stata in piscina per la riabilitazione e sono felice: questo dimostra il mio attaccamento alla vita. Ma le mie condizioni peggiorano ogni giorno». Dice di vivere «una quotidianità fatta di fatica, incontinenza, spasmi, dolori. La mattina mi sveglio, vengo alzata dal letto, portata in bagno, a fare colazione, poi sotto casa per un giretto, e dopo la terapia. È così tutti i giorni, che si ripetono,uguali. Una vita terribile. Potrei peggiorare ancora, non so quanto saprò resistere».
La denuncia
Laura ha denunciato la Usl umbra per omissione di atti d’ufficio. Due mesi fa il tribunale di Perugia le ha dato ragione. Dopo il responso in sede civile, attende quello nel penale. Ma secondo la sanità umbra «nonostante sia stata riconosciuta la gravità del mio caso, che mi costringe a un’assistenza continua, non rispetto uno dei quattro requisiti stabiliti dalla Consulta, ovvero la dipendenza da trattamenti di sostegno vitale. Evidentemente la politica ancora non vuole prendersi carico del tema del fine vita. E il fatto che l’assistenza continua sia valutata in modo differente a seconda della Regione di residenza è un’aberrazione».
La politica
Secondo la donna «la politica ha paura del Vaticano, ma soprattutto di scontentare certa parte dell’elettorato. Quello per cui combatto è un diritto di frontiera, lo so. Ma proprio per questo serve una legge. Perché mi metto nei panni di un medico: io stessa sarei in grande difficoltà, nell’assenza di una procedura chiara e condivisa. Ai medici si chiede tanto, deve essere la politica a occuparsene».
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