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L’Onu di nuovo al voto su Gaza: ora anche gli Usa potrebbero chiedere uno stop a Israele. Tajani: «Troppe vittime, l’Italia non si asterrà più»

19 Dicembre 2023 - 13:16 Simone Disegni
La riunione del Consiglio di sicurezza rinviata a oggi per permettere agli americani di mettere a punto un testo che consenta loro di evitare il veto

Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu discuterà oggi per l’ennesima volta della guerra in corso tra Israele e Hamas e della crisi umanitaria a Gaza, e questa volta – sarebbe la prima dal 7 ottobre – si potrebbe arrivare all’adozione di una risoluzione consensuale che chieda quanto meno di avvincere la fine del conflitto. La riunione al Palazzo di Vetro era prevista in effetti per il pomeriggio di ieri, lunedì 18 dicembre, ma è stata rinviata a oggi proprio per permettere ai diplomatici di smussare gli angoli e dar modo in particolare agli Usa di mettere a punto un testo accettabile. L’Amministrazione Biden infatti ha già messo il veto in due occasioni dall’inizio della crisi a risoluzioni del Consiglio di Sicurezza che chiedevano il cessate il fuoco: un po’ perché ha sempre sostenuto come Israele che questo significherebbe dare a Hamas la possibilità di riorganizzarsi, un po’ perché i testi presentati – pur chiedendo anche la liberazione senza condizioni degli ostaggi israeliani rapiti il 7 ottobre – non condannavano esplicitamente Hamas per il massacro del «Sabato nero». Ma all’Onu nel frattempo è stata l’Assemblea generale a trovare il modo di farsi sentire, votando a maggioranza schiacciante una risoluzione per chiedere l’immediato cessate il fuoco. E negli ultimi giorni, complici il bilancio sempre più tragico delle vittime palestinesi ma anche una serie di gravi errori dell’esercito israeliano – i tre ostaggi uccisi, il raid in una chiesa costato la vita a due donne innocenti – la pressione sullo Stato ebraico sta crescendo esponenzialmente. Un cessate il fuoco “immediato” è stato chiesto ora anche dalla ministra degli Esteri francese, mentre quelli di Germania e Regno Unito lo hanno evocato pur ribadendo che questo dovrà essere “sostenibile”. La stessa Amministrazione Biden è sotto crescente pressione interna per porre limiti chiari all’azione di Israele, e starebbe quindi lavorando a un testo accettabile da tutti, Casa Bianca stessa in primis. Se il testo sul tavolo Onu ieri, messo a punto dai Paesi arabi, chiedeva una «cessazione urgente e duratura delle ostilità per consentire il pieno accesso agli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza», gli Usa avrebbero chiesto di evocare invece una «urgente sospensione delle ostilità», e secondo quanto riporta Al Jazeera il linguaggio potrebbe essere ulteriormente ammorbidito.

Così evolve la posizione Usa (e quella italiana)

Resta il fatto che ora anche gli alleati di Israele vogliono uscire dall’ambiguità di veti o astensioni, e dare un messaggio esplicito in sede internazionale allo Stato ebraico. Lo ha detto chiaramente anche il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani parlando stamattina con La Stampa: «Ci siamo astenuti (nelle scorse votazioni Onu, ndr) perché i testi proposti non esperivano alcuna condanna nei confronti di Hamas. Adesso invece il Consiglio di sicurezza potrebbe votare un testo proposto dagli Stati Uniti che invita Israele a lavorare per la fine delle operazioni militari, riconoscendo le responsabilità di Hamas», ha confermato Tajani, e in questo senso anche la posizione dell’Italia sta evolvendo. «Siamo disponibili ad appoggiare iniziative che portino a una riduzione immediata delle vittime civili» perché, mette in chiaro ora il ministro, «ci sono troppe vittime tra i civili palestinesi», e dunque a questo punto il governo italiano «insiste perché la risposta di Tel Aviv sia proporzionata». Guardando avanti, soprattuto, per Tajani, in linea con gli Usa, «dobbiamo anche iniziare a pensare al dopo, alla possibile sconfitta militare di Hamas: dovrà esserci un periodo di interregno con una presenza anche militare delle Nazioni Unite». Prima, però, bisogna trovare il tempo e il modo “giusto” perché la guerra finisca. Per Israele, uno scenario ancora lontano.

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