Operazione nel Mar Rosso, gli Houthi minacciano: «Attaccheremo ogni 12 ore». Anticipato l’invio della fregata italiana Fasan
Gli Houthi filo-iraniani dello Yemen continuano a minacciare le navi che transitano nel Mar Rosso. «Ogni 12 ore sferreremo un attacco», avvertono. Nel mirino solo le imbarcazioni dirette a Israele o collegate allo Stato ebraico con l’obiettivo di aumentare la pressione su Tel Aviv affinché «fermi la sua offensiva e interrompa l’assedio di Gaza», sottolinea il portavoce dei ribelli Mohammed Abdul Salam. Anche in mattinata un nuova aggressione è stata compiuta dal movimento yemenita tra le coste di Gibuti e lo stretto di Bab al Mandab, tra il Mar Rosso e l’Oceano Indiano, dopo l’attacco di ieri a un paio di navi, compresa la motonave cisterna norvegese per prodotti chimici-petroliferi Swan Atlantic. Nel frattempo, l’Iran si è sfilato: «Gli Houthi agiscono in maniera indipendente», fa sapere il viceministro degli Esteri iraniano Ali Bagheri Kani da Tokyo. Il Cremlino pure: «Non prenderemo parte a questa operazione», spiega Dmitry Peskov.
L’Unione europea ha invece condannato gli attacchi dei ribelli bollando l’interruzione del traffico marittimo internazionale come «inaccettabile». Mentre gli Stati Uniti hanno annunciato ieri una coalizione di 10 nazioni contro le aggressioni nel Mar Rosso con Gran Bretagna, Francia, Olanda, Spagna, Norvegia, Italia, Seychelles e Bahrein (avversario di Teheran) tra i Paesi che aderiranno alla cosiddetta «iniziativa di sicurezza multinazionale». Gli Stati «che cercano di sostenere il principio fondamentale della libertà di navigazione devono unirsi per affrontare la sfida posta da questo attore non statale», l’appello del segretario della Difesa americano Lloyd Austin. La risposta dei ribelli yemeniti non si è fatta attendere: «Anche se l’America riuscisse a mobilitare il mondo intero, le nostre operazioni militari non si fermeranno, a prescindere dai sacrifici che ci costerà», chiosa l’alto funzionario del gruppo Mohammed al-Bukhaiti. La decisione di coordinare una task force multinazionale è stata presa dopo gli attacchi dei ribelli dello Yemen intensificatisi nelle ultime settimane contro le imbarcazioni israeliane o di Paesi alleati di Tel Aviv che passano nella regione. Aggressioni che hanno spinto Maersk, Cma Cgm, Hapag-Lloyd e da ultimo Msc Mediterranean Shipping Co, la più grande di tutte, a chiudere la rotta di Suez – passaggio strategico che dal Mediterraneo conduce all’Oceano Indiano e all’area dell’Asia Pacifico – alle proprie navi. Almeno fino a quando l’allarme non rientrerà.
La fregata italiana «Virginio Fasan»
«Anche l’Italia farà la sua parte», il messaggio del ministro della Difesa Guido Crosetto, che ha annunciato l’invio (anticipato di circa due mesi) della fregata italiana «Virginio Fasan» nell’ambito dell’operazione Prosperity Guardian per garantire la protezione dei traffici mercantili, in pericolo dopo le minacce di attacchi da parte del gruppo yemenita. Il 24 dicembre, fanno sapere dal dicastero, la nave dovrebbe attraversare il canale di Suez. La decisione è arrivata dopo il colloquio-video tra Crosetto e Austin nel quale è stata «affermata l’importanza del principio di libera navigazione, valutato l’impatto sul commercio internazionale e discusse le possibili opzioni per garantire la sicurezza delle rotte marittime al fine di prevenire ripercussioni sull’economia internazionale, con pericolose dinamiche sui prezzi delle materie prime». L’obiettivo, per Crosetto, è «aumentare la presenza nell’area al fine di creare le condizioni per la stabilizzazione, evitare disastri ecologici e prevenire, inoltre, una ripresa della spinta inflazionistica». In quell’area, per quanto riguarda il petrolio «passa – continua il ministro – il 10%, poi c’è il gas liquido». Il rischio, quindi, è che l’Italia «si ritrovi con i porti deserti nelle prossime settimane», conclude. L’invio della «Virginio Fasan» – con circa 200 uomini di equipaggio e con capacità di intercettazione e difesa informatica oltre che di arma – era previsto per il prossimo febbraio nell’operazione diplomatica europea e anti pirateria denominata «Atalanta». Eppure, gli scenari geopolitici hanno costretto l’Italia ad anticiparne la partenza.
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