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Cosa c’è nel nuovo Patto di Stabilità e cosa succede ora sul Mes: «Così non si può votare»

patto di stabilità mes cosa succede giancarlo giorgetti giorgia meloni matteo salvini
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L'ok di ieri e la lite nella maggioranza: Lega per il no al Meccanismo. L'ipotesi di un altro rinvio

Il sì al Patto di Stabilità e Crescita è arrivato. La riunione dei 27 ministri dell’Economia all’Ecofin ha sancito un accordo politico tra Francia e Germania. Mentre l’Italia con Giancarlo Giorgetti ha votato per ultima per dare l’ok. Come se prima di darlo attendesse di sapere cosa avrebbero deciso gli altri. La tentazione di Roma era quella di rinviare tutto a gennaio. Mentre il senatore a vita Mario Monti consigliava a Giorgia Meloni di usare il potere di veto per farlo saltare. Ora che è arrivato l’ok, però, due questioni restano aperte. La prima è comprendere cosa c’è nel nuovo Patto e in che modo le decisioni prese ieri influenzeranno la politica economica dei futuri governo. La seconda è cosa succederà su Meccanismo Europeo di Stabilità. Che oggi approda in Aula dopo i rinvii.

Cosa prevede la riforma

La riforma del Patto di Stabilità prevede percorsi di riduzione del deficit lunghi 4 anni, con possibile allungamento a 7. Una serie di clausole consente ai singoli paesi margini di flessibilità. Che tengono conto delle riforme strutturali, degli investimenti e del Pnrr. La riforma, spiega oggi il Corriere della Sera, mantiene inalterati i parametri di Maastricht. Ovvero il rapporto deficit/Pil che non deve superare il 3% e il debito pubblico/Pil che deve essere sotto al 60%. In compenso scompare la regola della riduzione di 1/20 l’anno. Mentre è rimasta la regola automatica del rientro annuo dello 0,5% del Pil. Ma per chi ha un debito superiore al 90% del Pil (come l’Italia) c’è l’obiettivo di portare il livello di disavanzo all’1,5% del prodotto. Per centrarlo, aggiunge La Stampa, bisognerà ridurre la spesa dello 0,4% annuo in quattro anni oppure dello 0,25% in sette.

I paletti sul deficit

Per quanto riguarda il deficit, invece, i paesi dovranno garantire una discesa all’1,5%. L’Italia passa da un obiettivo di medio termine di avanzo primario pari allo 0,25% a un deficit strutturale dell’1,5%. La Commissione Europea potrà valutare nella procedura per deficit eccessivo gli investimenti e adeguare così la riduzione (cioè ridurla). La massima deviazione consentita è dello 0,3% annuo e dello 0,6% cumulativo. In base a questi calcoli, il miglioramento annuale è pari allo 0,4% in quattro anni o allo 0,25% in sette. L’accordo dell’Ecofin non conclude il percorso. Il parlamento europeo dovrà approvare a gennaio la sua posizione negoziale. Poi cominceranno i dialoghi a tre tra Consiglio, Commissione e Parlamento. Le nuove regole arriveranno a giugno. Ovvero dopo le elezioni europee.

Il voto sul Mes

Dal punto di vista politico durante l’accelerazione della trattativa ha cambiato le carte in tavola per la maggioranza di centrodestra. Che si aspettava un rinvio all’anno prossimo. E avrebbe voluto sfruttarlo anche per rinviare la discussione sulla ratifica del Mes in Parlamento. La Stampa fa sapere che ieri Matteo Salvini è stato molto chiaro con Giorgia Meloni: «Così non si può votare il Mes». Oggi i capigruppo della maggioranza in Commissione decideranno cosa fare. Per tenere unita la maggioranza, vista la posizione del Carroccio, l’unica strada è continuare a rinviare. Per questo secondo fonti di FdI è probabile che oggi ci sarà un nuovo rinvio. La scusa potrebbe essere la mancanza di un parere della Commissione Bilancio.

Gli scenari

Gli scenari possibili sono tre. Il primo è l’ok della commissione e il conseguente voto dell’Aula. Che potrebbe rinviare il testo in commissione o chiede una sospensiva per maggiori approfondimenti. Il secondo è il “Lodo Fazzolari“. Che prevede di votare il testo in Aula con una modifica: si potrà accedere al Fondo Salva-Stati solo con una maggioranza parlamentare qualificata. La terza è l’approdo in Aula con parere negativo della Commissione e conseguente bocciatura.

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