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La battaglia di Alessandro, tetraplegico per un vaccino antipolio fallato. Una vita da Cristo in croce, poi l’incontro con quell’angelo di Mister X

23 Dicembre 2023 - 12:46 Franco Bechis
La storia di Alessandro Crescenzi e il suo impegno contro le barriere per i disabili nella vita di tutti i giorni, non solo quelle architettoniche

Se vi capita di passare dalle parti di piazza Colonna e piazza Montecitorio, troverete una sedia a rotelle che si sposta alla velocità di un prototipo di Formula uno. A guidarla con una sola mano in grado di farlo c’è Alessandro, barba bianca, un sorriso che contagia e fa simpatia come il suo accento ciociaro. È sempre lì a rincorrere deputati, ministri, sottosegretari per coinvolgerli nell’ultima sua battaglia. E quando non lo trovi lì è perché si è spostato in Campidoglio o in Regione Lazio cui chiedere di togliere l’ultima barriera architettonica che lui ha scovato da qualche parte. Me lo ricordo tanti anni fa a Roma a fermare i bus in mezzo alla strada per protestare per la mancanza di entrate e uscite a norma di disabile. Se la capitale oggi non ha quasi più quel problema sui mezzi pubblici, è anche merito suo. Ha fatto scioperi della fame, scritto a presidenti della Repubblica, conferenze stampa quando da elettore ha scoperto che in cabina non poteva votare con la sedia a rotelle perché nessuno ci aveva pensato. Oggi si batte perché anche aeroporti e aerei siano a misura di disabile, dopo avere saputo che nessuno riusciva a fare uscire dalla sua poltrona uno come lui che però pesava troppo. «Magari hostess e steward non ce la fanno da soli. Basterebbe avere un sollevatore, che ci vuole? Costano anche poche centinaia di euro. Io a casa mi sollevo da solo così», spiega ad Open.

Vittima di un vaccino antipolio conservato male

Il suo nome completo è Alessandro Crescenzi. La sua storia tutta in ogni aspetto fa venire i brividi. Non è nato disabile, lo è diventato per una forma devastante di poliomielite. Classe 1957, aveva 11 mesi, da 15 giorni camminava quando il medico di famiglia gli fece una delle prime dosi del vaccino antipolio. Era un vaccino di tipo Salk che conteneva il virus inattivato. Ha salvato tante vite, ma in quella fine degli anni Cinquanta purtroppo alcuni lotti di quel vaccino erano stati o preparati male o mal conservati: il virus non era inattivato e negli Stati Uniti come in Europa purtroppo alcuni bimbi vaccinati in quel modo si sono presi la poliomielite con danni irreparabili. Il 13 novembre 1958 Alessandro fu portato al pronto soccorso del Bambino Gesù di Roma dove venne ricoverato con diagnosi «di poliomielite anteriore acuta, forma spinale con paresi delle vie respiratorie e broncopolmonite». Il medico che scrive uno dei tanti referti aggiunge: «Si deve notare il fatto che la sintomatologia poco sopra riferita, non è stata preceduta da una fase di tipo enterico che caratterizza invece l’infezione naturale». Dalla storia di Alessandro diventato tetraplegico come di altre centinaia di casi simili sono nati decenni di battaglie giudiziarie e politiche perché i governi riconoscessero la loro responsabilità e risarcissero i malcapitati. In molte sentenze sono stati concessi risarcimenti anche superiori al milione di euro, soprattutto negli ultimi anni, dopo che la Cassazione in Italia ha stabilito nel 2017 che non poteva scattare la prescrizione per quei casi, come invece molti tribunali avevano decretato.

L’incontro con Mister X, il salvatore

Se Alessandro, che la sua battaglia giudiziaria non ha ancora vinto (in primo grado hanno archiviato la causa per mancanza di documentazione necessaria sulla vaccinazione ricevuta, ma il 6 febbraio prossimo inizierà il processo di appello con altri documenti alla mano), è riuscito a combattere e perfino a vivere con allegria fino a qui è perché quando ancora era ragazzo ha incontrato un angelo. Io so chi è quell’uomo con le ali virtuali, perché Alessandro me lo ha svelato. L’ho contattato, gli ho parlato mi ha raccontato gran parte della sua storia. A una condizione: che giurassi di non svelare mai la sua identità. È un personaggio pubblico questo Mister X, verso cui nella mia vita professionale non sono stato tenero, ma dopo avere conosciuto i dettagli di questa storia la mia penna ne esce spuntata.

«Era un Cristo crocifisso al muro»

«Ero giovane anche io», mi racconta Mister X, «e facevo il volontario in una associazione che si occupava anche dei disabili. Il primo giorno che entrai in una struttura di ricovero di casi gravi, rimasi impietrito vedendo quel giovane che sembrava crocifisso al muro della sala. Aveva una corona piantata sulla testa che con fili lo teneva appeso al muro per non farlo piegare, altrimenti sarebbe morto soffocato». Un Cristo dei nostri giorni, con la sua corona di spine. Mister X prese il suo caso a cuore, ne ha fatto da quel giorno la sua ragione di vita. Di tasca sua e con l’aiuto di amici e benefattori ha pagato ad Alessandro le operazioni necessarie a farlo scendere dalla croce. Gli ha dato la possibilità di muoversi con quella sedia a rotelle con tutta la tecnologia necessaria, ammodernata negli anni: «Vedi?», mi dice lui, «tu ti muovi con ai piedi le Nike o le Superga. Io con le Pirelli o le Goodyear…», e giù una risata.

Il poncho della nuova battaglia

Grazie a Mister X che non si è mai tirato indietro, Alessandro oggi è in grado di vivere da solo, in una casa resa domotica: «E ho imparato la tecnologia, che bisogna sapere prendere con pazienza e addestrare. Alexa mi apre la porta di casa, mi accende e spegne la luce, con lei posso cucinare. E poi Mister X mi ha regalato anche un traduttore automatico vocale. Posso parlare 135 lingue diverse: io parlo in italiano, lui traduce dopo poco. Così parlo anche in lingua originaria con le badanti di altri amici nelle mie condizioni, che per questioni di lingua non riescono a farsi comprendere da chi li assiste». Sempre Mister X ogni tanto gli dona un biglietto aereo e anche il soggiorno per farsi una vacanza. «Così sono stato in Perù, e pure in Colombia. E mi sono fatto tanti amici là. Uno di Lima mi ha inviato in regalo questo poncho che indosso quando fa freddo anche qui a Roma», mi spiega Alessandro. E avvolto nel poncho continua le sue battaglie: «Mi darete una mano anche voi?». Sì. Promesso.

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