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Riccardo Muti, la battuta che rischia di irritare i leghisti: «Da ignoranti scegliere il Va pensiero come inno nazionale»

24 Dicembre 2023 - 10:13 Redazione
Il direttore d'orchestra lancia una frecciata a chi in passato sperava di sostituire l'inno di Mameli con il coro del Nabucco. Un brano ancora oggi intonato al raduno leghista di Pontida al posto dell'inno nazionale

«In Italia l’ignoranza è così grave per anni si è discusso se metterlo come inno nazionale» dice Riccardo Muti a proposito del Va pensiero di Giuseppe Verdi. Il commento del maestro non farà piacere ai militanti leghisti, soprattutto quelli della prima ora, che ancora oggi cantano con la mano sul cuore e gli occhi chiusi il finale del Nabucco, scelto da Umberto Bossi come inno della battaglia indipendentista della Padania. E ancora oggi intonato al raduno del Carroccio a Pontida al posto dell’Inno di Mameli. La frecciata di Muti è arrivata dal palco del teatro di Busseto, città natale di Verdi, dove il maestro ha diretto in una serata per la salvaguardia e il recupero della residenza di Sant’Agata, in provincia di Piacenza, dove proprio Verdi ha vissuto per 50 anni.

Perché il Va pensiero non può essere inno nazionale

Alla fine dell’esibizione, Muti si è concesso alcune battute con il pubblico. Con qualche frecciata rivolta anche alla cancel culture: «Chissà cosa penserebbe Verdi, di tutto quello che gli facciamo», ha detto Muti. Il maestro ha spiegato perché per esempio oggi il coro del Nabucco non potrebbe diventare l’inno nazionale italiano: «Intanto perché in origine era cantato sottovoce, poi Zaccaria alla fine dice “ma perché sollevate al Padreterno lamenti di femmine imbelli?”. Oggi – dice Muti rivolgendosi in particolare al pubblico femminile – queste parole potrebbero creare qualche problema, vero signore?». Secondo Muti, chi ha adottato il “Va pensiero” come inno deve aver frainteso: «È un coro di un popolo che è schiavo, lontano dalla sua terra. In Italia l’ignoranza è così grave, che per anni si è discusso se metterlo come inno nazionale». A chi poi pensa di dover adattare le opere artistiche ai canoni più recenti, Muti risponde con un appello al pubblico: «Bussetani, voi avete il dovere di difendere Verdi, lo si calpesta ogni giorno. Dovreste mettere le lettere di Verdi in giro per il paese: “dico a direttore d’orchestra e cantanti di attenersi esattamente a ciò che io ho scritto”. Verdi è un gigante, nessuno si permetterebbe di andare in un museo dicendo “l’occhio di questo angelo non mi piace, lo aggiusto”, ma perché allora bisogna aggiustare Verdi?».

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