In Evidenza Benjamin NetanyahuDonald TrumpGoverno Meloni
ATTUALITÀCarcereInchiesteLazioOmicidiRomaSardegnaSuicidi

La storia di Stefano Dal Corso, morto in carcere a Oristano. Un supertestimone: «Non è suicidio, lo hanno ucciso perché ha visto due operatori fare sesso»

29 Dicembre 2023 - 08:45 Redazione
Il racconto di un uomo alla famiglia, dopo l'apertura di un caso inizialmente bollato come suicidio. Ora, dopo sette no, arriva l'ok all'autopsia sul corpo del 42enne

Una storia che, per diversi i punti oscuri ricorda il caso di Stefano Cucchi. Con anche qui una sorella che lotta per la verità. Il 12 ottobre 2022 Stefano Dal Corso viene trovato senza vita nel carcere di Oristano. Per la procura si tratta di suicidio e il caso viene archiviato il 3 luglio 2023. Ma non è così, la sorella del giovane, Marisa Dal Corso, si oppone e il 4 ottobre di quest’anno le indagini vengono riaperte. Un caso travagliato quello di Dal Corso, su cui, racconta oggi Repubblica, è stata negata per sette volte l’autopsia. Un caso che però arriva a un punto di svolta, quando il 17 dicembre un supertestimone afferma che il 42enne sarebbe stato ucciso dopo aver assistito a un rapporto sessuale tra due operatori. Adesso la procura di Oristano il prossimo 4 gennaio affiderà un «incarico di consulenza tecnica al professor Roberto Demontis». Finalmente ci sarà l’autopsia, l’unico esame che riuscirà a dipanare tutti i dubbi sulla vicenda. Proprio come richiesto da mesi dall’avvocato Armida Decina, che segue la famiglia del 42enne.

Una storia che parte da Roma

Stefano Dal Corso è di Roma. Vive al Tufello e, agli arresti domiciliari, viola il dispositivo per portare a spasso i cani della sorella Marisa. Finisce quindi in carcere a Rebibbia nell’ottobre 2022. Accompagnato in Sardegna per assistere a un processo che lo riguardava non tornerà più. Viene trovato impiccato nella sua cella momentanea, la numero 8, nel carcere di Massama, a Oristano. Marisa Dal Corso però non crede al suicidio del fratello: le scarpe indossate da Stefano non erano le sue. Così come la documentazione del caso, bollato subito come suicidio, con delle foto sul corpo in bianco e nero, fotocopiate, senza gli originali nel fascicolo. Sarebbe impiccagione ma servirebbe la conferma di un autopsia, che viene negata, sette volte mentre le persone, in quel carcere, iniziano a parlare. L’ultimo testimone, riporta Repubblica, racconta che Stefano ha fatto un errore. «Ha aperto la porta dell’infermeria e sul lettino c’era un rapporto orale (tra due operatori del carcere ndr)». Dopo di che altri agenti lo avrebbero massacrato per quello che aveva visto. E alla fine sarebbe stato inscenato un suicidio. Il testimone parla di relazioni modificate, così come il medico legale e del detenuto vestito con «indumenti messi a disposizione della Caritas, facendo sparire quelli sporchi di sangue con le prove e le impronte». Parole che solo l’autopsia potrà confermare.

(in copertina Marisa Dal Corso durante la conferenza stampa alla Camera dei deputati Roma, 20 ottobre 2023)

Leggi anche:

Articoli di ATTUALITÀ più letti