Mulè chiamato «signora presidente» dalla dem Guerra: «Non mi offendo, ma così violenta il mio genere» – Il video
Il vicepresidente della Camera, Giorgio Mulé, è tornato sullo scambio di battute avvenuto ieri in Aula con la deputata del Partito democratico Maria Cecilia Guerra, che si è rivolta allo stesso con un «Grazie signora presidente» per protestare contro Marco Perissa di Fratelli d’Italia che invece aveva bollato Elly Schlein «segretario». «Sono finito in mezzo a una diatriba semantica», sottolinea Mulé a la Repubblica. «Mia madre di 84 anni mi ha mandato un messaggio, dicendomi “Non sapevo di avere una figlia femmina”». Per il vicepresidente esiste «un problema legato alla lingua» perché «alcune parole – continua nell’intervista – non si possono declinare al femminile e “presidente” è una di queste. Così come esiste “microfono” e “non microfona”», spiega Mulé ribadendo come l’appellativo “signora presidente” «violenti» il suo «genere» nonostante l’abbia presa «con una risata», precisa. E poi ancora: «Se Schlein vuole essere chiamata segretaria, la si chiami segretaria. Se Meloni vuol essere chiamata presidente, la si chiami presidente», conclude.
«Fare battaglie campali su cose del genere dimostra enorme superficialità»
Eppure, l’appellativo, datogli dalla dem durante la discussione della Legge di Bilancio, sembrava non essere piaciuto (particolarmente) al vicepresidente della Camera, che risentito aveva detto: «Insomma, io avrei qualcosa da ridire, però, prego», aveva risposto per poi proseguire: «La mia identità è quella, quindi, se si rivolge a me, è con “Presidente” o “signor”…». Ma tiene a precisare di non essersi «assolutamente offeso, anzi. In genere – continua – mi offendono l’ignoranza e l’arroganza e non c’erano né l’una né l’altra, né da parte di Guerra né da parte mia». Poi incalza: «Fare battaglie campali su cose del genere dimostra enorme superficialità rispetto alla tragedia dei femminicidi, perdiamo tempo ad alambiccare sulle parole quando c’è un abisso di inciviltà nelle questioni di genere che dovremmo affrontare tutti insieme». E sulla prima pagina di Libero di ieri dedicata alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni dal titolo «L’uomo dell’anno», Mulé risponde (da giornalista): «Quello è un titolo che non avrei fatto, è una forzatura di genere: non c’è bisogno di attribuirle gli attributi maschili, anche perché Meloni ha sempre rivendicato la propria femminilità. Quindi è la donna dell’anno», conclude.