Gipsy Rose Blanchard fuori dal carcere: l’incredibile storia della ragazza che uccise la madre dopo anni di torture
Cercando su internet il nome di Gipsy Rose Blanchard, la prima immagine che spunta è una foto molto tenera. Raffigura una donna di mezza età paffuta, dal sorriso affabile e i vestiti colorati, che guarda la telecamera mentre abbraccia una ragazzina pallida, sorridente, sebbene ci sia qualcosa di strano: indossa un cappello per nascondere la calvizie e sembra le manchi qualche dente. Sono madre e figlia. E, allo stesso tempo, vittima e assassina. Questo perché Gipsy Rose, nel giugno del 2015, è riuscita nel suo intento: ha ucciso sua madre Dee Dee. E adesso, dopo meno di dieci anni, è tornata in libertà. Una condanna che sembrerebbe esigua a fronte di un crimine così terribile, se non fosse per l’inimmaginabile storia di abusi, sofferenza e crudeltà subite prima del delitto.
Chi è Gipsy Rose Blanchard
Prima dell’omicidio, Dee Dee e Gypsy Rose Blancharde vivevano in un piccolo bungalow rosa sulla West Volunteer Way a Springfield, nel Missouri. Nella gente che le ha conosciute, ispiravano un mix di simpatia e pietà: nonostante Dee Dee fosse una robusta donna sulla quarantina, dolce e solare, la piccola Gipsy Rose era infatti un concentrato di malattie. Alta un metro e cinquanta, costretta su una sedia a rotelle, obbligata a indossare grossi occhiali e a girare con un sondino per l’alimentazione (a volte persino con una bombola di ossigeno, con una cannula nasale avvolta attorno alle piccole orecchie).
Di cosa soffriva? Il lungo elenco di problemi veniva riepilogato a ogni occasione utile dalla madre: difetti cromosomici, distrofia muscolare, epilessia, asma grave, apnea notturna, problemi agli occhi. Da piccola aveva persino avuto la leucemia. Per questo Dee Dee, madre single, aveva lasciato il suo lavoro da infermiera per potersi dedicare a tempo pieno a lei. Le due riuscivano a tirare avanti soprattutto grazie alle donazioni che diverse organizzazioni benefiche iniziarono a fare: nel giro di poco tempo, Gipsy divenne un volto noto a livello locale, simbolo della lotta contro gravi problemi di salute. Il problema è che Gipsy non era mai stata malata.
La sindrome di Munchausen
A soffrire di una malattia, secondo quanto ipotizzato dagli esperti all’indomani dei tragici eventi, era invece sua madre. Sindrome di Munchausen per procura: questo il nome del disturbo mentale che spinge chi ne è colpito a provocare mali e malattie in figli o nipoti per ottenere stima e crediti da parte della società. Dee Dee radeva la testa di Gipsy Rose per lasciare intendere che stesse subendo la chemioterapia. La alimentava con un sondino, senza che ve ne fosse bisogno. Iniettava anestetici nelle sue gengive per spingerla a sbavare, cosa che le fece cadere i denti. La sottopose a svariati interventi chirurgici non necessari, come l’espianto delle papille gustative. E la trattava come una bambina, vestendola come se fosse piccola e sostenendo che i suoi documenti fossero andati distrutti.
L’incontro con il complice e l’omicidio
Gipsy Rose, in realtà, è nata nel 1991. E di notte aveva cominciato a navigare in segreto su Internet, aggirando il divieto della madre. Su un sito di incontri per giovani cristiani aveva conosciuto un ragazzo, Nicholas Godejohn. I due avevano iniziato a chattare nel 2012, e nei loro messaggi parlavano di amore, si lasciavano andare a reciproche confessioni, pianificavano una vita insieme. C’era solo un ostacolo da eliminare: la madre oppressiva di Gipsy, che dopo aver scoperto la loro relazione aveva fatto di tutto per interromperla. Il 12 giugno 2015, Gipsy riuscì a far entrare Nicholas in casa, lo condusse nella camera della madre, e lasciò che la uccidesse a colpi di coltello. Dopo il delitto, sul profilo di Dee Dee apparve un messaggio, scritto da Nicholas: «Quella str*nza è morta!».
La coppia provò a scappare in direzione Wisconsin, il luogo da cui Nicholas proveniva, ma venne arrestata dopo poco. Lui è stato condannato all’ergastolo. Lei, invece, considerato il suo passato difficile, è stata condannata a 10 anni di prigione a seguito di un patteggiamento nel 2017, e adesso ha potuto lasciare il carcere in anticipo, dopo aver ottenuto la libertà condizionale. «Nessuno mi sentirà mai dire che sono orgogliosa di quello che ho fatto o che sono felice che mi madre sia morta», ha dichiarato Gipy Rose in un’intervista esclusiva a People poco prima di lasciare la prigione. «Non sono orgogliosa di quello che ho fatto. Me ne pento ogni singolo giorno. Ma sono pronta per la libertà».
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