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Maternità, figli d’anima e famiglie senza vincoli di sangue: così Michela Murgia torna a parlarci con il suo nuovo libro “Dare la vita”

07 Gennaio 2024 - 14:22 Ygnazia Cigna
Il 9 gennaio esce il pamphlet della scrittrice femminista, curato da Alessandro Giammei per Rizzoli

Così domani splenderà Michela Murgia. Disse Chiara Valerio tra lacrime e risate per salutare l’amica di lunga data il giorno dei suoi funerali. E così sarà a 5 mesi dalla sua scomparsa: il 9 gennaio esce il nuovo libro della scrittrice femminista, morta di tumore lo scorso 10 agosto. «Dare la vita», è il titolo del pamphlet curato dal figlio d’anima Alessandro Giammei per Rizzoli e con cui Murgia torna a parlarci. Non ha mai abbandonato la penna Michela Murgia e, nell’ultimo periodo della sua vita, l’ha dedicata alla sua idea rivoluzionaria di amore e famiglia. «Queer family» era il termine ombrello con cui identificava i suoi legami più importanti. Una famiglia elettiva dove le relazioni contano più dei ruoli e rispondono alle affinità tra le persone e non (solo) ai vincoli di sangue o ai sigilli dello Stato. Si può essere madri di figlie e figli che si scelgono, e che a loro volta ci hanno scelte? Si può costruire una famiglia senza vincoli di sangue? Senza alcun dubbio sì, è la tesi del libro postumo di Murgia. Quella che per lei è stata una realtà per molto tempo, in questo testo riconosce essere una necessità da affrontare politicamente.

L’eredità letteraria e politica

Non aveva dubbi Michela Murgia che «il personale è politico» e, non a caso, sollecitata su quale fosse l’eredità simbolica che avrebbe voluto lasciare, rispose: «Un altro modello di relazione, uno in più per chi nella vita ha dovuto combattere sentendosi sempre qualcosa in meno». Così ha fatto per mesi scrivendo il suo ultimo libro, senza dimenticare il lavoro fatto dalle pagine dei suoi social dove ha costruito una vera e propria serie a puntate per raccontare e normalizzare le dinamiche della sua famiglia queer. Quest’ultima è poi stata coronata la scorsa estate con un “matrimonio” simbolico, che ha unito i presenti non con le tradizionali fedi, ma con anelli chevalier di resina che imitavano la madreperla con una raganella. Un animale transizionale, scelse la scrittrice, per rappresentare il mutamento e la libertà nei rapporti. «La mia anima non ha mai desiderato generare né gente né libri mansueti, compiacenti, accondiscendenti», annuncia la scrittrice in questo nuovo pamhplet.

Il racconto di un altro modello di maternità

«Doveva essere solo sulla Gestazione per altri, ma è diventato un libro più profondo sul senso della genitorialità e parentela», ha raccontato all’Ansa il curatore e membro della sua famiglia queer, Giammei. E così, con Dare la vita, Murgia sfida ancora una volta i concetti di normalità, naturalità e binarietà. Partendo dal proprio vissuto, «propone un altro modello di maternità», mettendo in scena «come si possa dare la vita senza generare biologicamente e come i legami d’anima possano sommarsi ai legami di sangue». Con questo testo la scrittrice annuncia, infine, di voler donare una rassicurazione a chi amava e a chi ha scelto come compagni, compagne, figli e parenti d’anima: «Quella di non dover mai fingere di non essere chi è». Una rassicurazione e una promessa perché, come ha sottolineato Giammei, «nel corso della sua vita, Michela ha mantenuto sempre tutte le sue promesse, sia quelle editoriali sia quelle politiche, con grande dispendio di se stessa».

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