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Vivono in Piemonte e lavorano in Svizzera: la grande fuga degli infermieri dagli ospedali del Nord Italia

13 Gennaio 2024 - 08:35 Redazione
«Stremati da condizioni inaccettabili e attirati da stipendi che il nostro Paese si sogna», spiega il sindacato di categoria NurSind

Vivono in Piemonte, ma lavorano in Svizzera. Sono circa 400 gli infermieri che nell’ultimo anno hanno lasciato la regione del Nord Italia «stremati da condizioni inaccettabili e attirati da stipendi che l’Italia si sogna», spiega NurSind, uno dei sindacati di categoria. «Ho mandato il curriculum, mi hanno chiamato dopo una settimana: in un colpo solo mi hanno riconosciuto tre scatti di anzianità», racconta a La Stampa un’infermiera. Lavorando 20 ore a settimana, ora guadagna 2.400 euro rispetto ai circa 1.700 del suo tempo pieno in Italia. «A me dispiace – sottolinea – l’Italia mi ha formato in maniera straordinaria, ma non può trattare così chi si sbatte». 

«Facciamo turni massacranti, non riesci più ad avere una vita»

Chi decide di andare a lavorare negli ospedali svizzeri, dove a Briga, a 20 minuti dal confine italiano, verrà costruito un polo sanitario, ha meno di trent’anni. «È difficile resistere quando da una parte ti costringono a turni massacranti e a saltare le ferie e i riposi per 1.800 euro al mese», sottolinea un’altra infermiera di 25 anni, fuggita dal pronto soccorso di Domodossola. Nella maggior parte delle strutture ospedaliere in Piemonte manca il personale infermieristico: «Facciamo turni massacranti, non riesci più ad avere una vita. Basta che un collega si ammali e il turno è scoperto», spiega un’infermiera e delegata della Cigil.

«Perché un infermiere dovrebbe restare?»

Per citare qualche dato, secondo il sindacato Nursing Up all’Asl del Verbano-Cusio-Ossola manca il 10% dei 750 infermieri in pianta organica. E con la costruzione del polo sanitario al confine con l’Italia «la situazione peggiorerà», spiega il referente dell’area Vco. «Perché uno dovrebbe restare se può fare lo stesso mestiere altrove con carichi di lavoro inferiori, meno vincoli e stipendi più alti? Non siamo competitivi con il privato, tantomeno con l’estero», afferma Chiara Serpieri, direttrice generale dell’Asl Vco. 

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