La minaccia di De Luca al ministro Fitto: «Lo denuncio in Procura». E svela il piano (con trucco) per ricandidarsi in Campania
Il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca ha intenzione di portare in tribunale il governo Meloni. In particolare il ministro Raffaele Fitto, contro il quale ormai il governatore campano è ai ferri corti da almeno un anno per il blocco dei Fondi di sviluppo e coesione: 23 miliardi, di cui l’80% destinato al Sud. De Luca in una conferenza stampa convocata ad hoc annuncia una nuova fase della sua personale guerra contro il ministro che secondo lui deve dimettersi perché «inconcludente e incompetente, un danno per il Sud». De Luca ha spiegato di aver dato mandato «all’ufficio legale della Regione di procedere con la denuncia amministrativa, contabile e penale nei confronti del ministro Fitto per atti di omissione, se il giorno 20 gennaio non si sarà completato l’iter per il riparto dei Fondi sviluppo e coesione». De Luca lamenta che intanto doveva esserci «una riunione pregiudiziale con tutti i ministri interessati». A convocarla doveva essere Fitto, ma non ci sarebbe ancora una data: «Manca una settimana ma la decisione di procedere alla denuncia l’abbiamo già presa – continua De Luca – La Regione Campania e il Sud non si fanno ricattare da nessuno».
Il terzo mandato
De Luca ha poi svelato in quale modo proverà a ricandidarsi, nonostante il limite dei due mandati per i presidenti di Regione: «Sento e leggo sui giornali che la Lega fa la proposta per il terzo mandato per il mio amico Zaia, ma non è vero: Zaia, il terzo mandato, lo sta già finendo, va per il quarto e quinto mandato. Noi andremo avanti perché non abbiamo recepito la vecchia legge nazionale, quindi i due mandati scattano da quando la recepiremo. Quindi andremo avanti, nei secoli dei secoli». De Luca insiste che «bisogna dare la parola ai cittadini e non possono essere burocrati e anime morte romane che decidono in nome dei cittadini. Considero questa cosa una vergogna del nostro Paese, hanno paura della democrazia, hanno paura di dare la parola ai cittadini».