Casamonica, l’ultima parola della Cassazione: «È mafia»
La Cassazione ha definitivamente stabilito che il clan dei Casamonica è una struttura criminale di stampo mafioso. Lo ha fatto oggi, 16 gennaio, nell’ambito del maxiprocesso a carico di una trentina di persone, tra cui anche i vertici della famiglia. Che sostanzialmente accoglie il ricorso della procura generale e conferma l’impianto accusatorio della Corte d’Appello di Roma, che nel 29 novembre del 2022 aveva ribadito l’accusa di 416bis. La condanna più alta, a 30 anni, stabilita dai giudici di secondo grado, era andata a Domenico Casamonica, ai vertici del clan romano. In primo grado, il 20 settembre 2021, erano state comminate 44 condanne per oltre 400 anni carcere.
Una «galassia»
I giudici della Corte d’Appello di Roma, ricorda Repubblica, avevano scritto nella sentenza: «Il gruppo criminale Casamonica operante nella zona Appio-Tuscolana di Roma, con base operativa in vicolo di Porta Furba è organizzato in una ‘galassia’, ossia aggregato malavitoso costituito da due gruppi familiari dediti ad usura, estorsioni, abusivo esercizio del credito, nonché a traffico di stupefacenti, dotato di un indiscusso ‘prestigio criminale’ nel panorama delinquenziale romano, i cui singoli operavano tuttavia in costante interconnessione e proteggendosi vicendevolmente, così da aumentare il senso di assoggettamento e impotenza delle vittime, consapevoli di essere al cospetto di un gruppo molto coeso ed esteso». Il processo nasce dall’indagine ‘Gramigna’, coordinata dal magistrato Michele Prestipino e dai sostituti procuratori Giovanni Musarò e Stefano Luciani. Che prende il nome dall’erbaccia difficile da estirpare. La Cassazione ha inoltre confermato l’esistenza di una associazione parallela dedita allo spaccio di sostanze stupefacenti.