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Dargen D’Amico e la canzone che porterà a Sanremo: «Un pezzo dance che racconta di un barcone di migranti»

19 Gennaio 2024 - 08:01 Redazione
dargen d'amico barcone
dargen d'amico barcone
Il cantante e rapper: i social servono a esprimere odio

Dargen D’Amico, rapper e giudice nelle due ultime edizioni di X Factor, parteciperà al Festival di Sanremo con Onda alta, una canzone dance racconta di un barcone pieno di migranti che naviga nel Mar Mediterraneo in tempesta. E oggi in un’intervista a Repubblica ne spiega il significato: «Una canzone può nascere guardandosi dentro o guardando fuori: questa è nata dalla considerazione che l’anno che si è chiuso è stato quello con il maggior numero di ingressi di irregolari, più di 150 mila persone. Noi siamo tutti abituati a camminare e a spostarci da un punto a un altro, l’essere umano non è nato dove siamo adesso, ci siamo arrivati».

Famiglia migrante

Dargen D’Amico è cresciuto in una famiglia siciliana poi emigrata a Milano. Mentre il resto della sua famiglia è andato negli Stati Uniti. «Ho ascoltato anche tanti racconti sulle difficoltà che la mia famiglia ha dovuto affrontare quando è arrivata Milano, vivere in sette in trenta metri quadri. Sono dinamiche che si ripetono ogni qual volta si va a tentare la fortuna, a rappresentare la propria dignità», dice a Carlo Moretti. Poi parla dei social: «Non credo che abbiano passato il segno, i social sono il passaggio del segno. Si basano sull’odio: sono l’odio e l’antipatia che ti inchiodano per due ore a scrollare sul telefonino. I social sono stati studiati per questo, per aiutarti a esprimere odio, per fartelo assaporare. Un grande fuoco che brucia e produce energia: il traffico dati su cui si basa tutto».

L’invidia e i social

Ma anche dell’invidia: «In un posto come l’Italia in cui in pochi detengono il 50 per cento della ricchezza è normale che si generi dell’invidia, mi stupirebbe se fosse il contrario». Infine, spiega la sua lite con Morgana a X Factor: «C’è stata un po’ di delusione perché tra i giudici c’era l’intenzione di concentrarci sul lavoro con i ragazzi, di fare un passo indietro. Poi so benissimo che in un programma come quello ci sono dinamiche da rispettare e un pochino di tv urlata va fatta. La mia delusione è stata quando le urla hanno coperto i ragazzi. Non conoscevo perfettamente Morgan nel meccanismo televisivo, è stato comunque qualcosa di mediatico, più che di personale tra di noi. E se accetti di fare quel tipo di tv come giudice, e quindi come attore, non giochi con il fango pretendendo di uscirne pulito».

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