Disturbi alimentari, proteste in 28 città. Tavilla: «I 10 milioni di Schillaci non bastano. C’è una legge ma va attuata» – L’intervista
«Il governo ha prima tolto la flebo a un malato gravissimo e dopo 15 giorni gliel’ha rimessa». Con questa metafora Stefano Tavilla, presidente dell’associazione Mi Nutro Di Vita e papà di Giulia, morta a 17 anni per bulimia, descrive a Open il taglio e il successivo reintegro del governo Meloni sui fondi destinati ai disturbi alimentari. Da giorni le associazioni stanno manifestando profonda preoccupazione per la revoca del finanziamento da 25 milioni, stanziato nel 2022 dal governo Draghi, attuata in attesa dell’aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza (Lea), l’elenco di prestazioni e servizi che il Servizio Sanitario Nazionale deve garantire a tutti i cittadini, gratuitamente o con pagamento ticket. L’obiettivo del fondo è quello di rinforzare la rete degli ambulatori. In risposta alle crescenti critiche, il ministro della Salute Orazio Schillaci ha optato per una retromarcia annunciando un rifinanziamento del fondo pari a 10 milioni di euro per l’intero anno 2024. Un’inversione di rotta, contenuta in un emendamento al decreto Milleproroghe, che non rassicura le associazioni e le regioni. Oggi, 19 gennaio, sono in corso manifestazioni nelle piazze di 28 città italiane per chiedere «investimenti strutturali e l’inserimento nei nuovi Lea dei disturbi del comportamento alimentare come capitolo autonomo».
«La legge c’è, serve attuarla»
Su quest’ultimo aspetto pone l’accento Stefano Tavilla. «I 10 milioni del ministro non spostano nulla. L’unica cosa che può cambiare le cose è l’attuazione di una legge votata al Senato nel 2022, volta a garantire un percorso autonomo per i disturbi alimentari all’interno dei Lea, scorporandoli dalla categoria della salute mentale», spiega il presidente dell’associazione impegnata nella lotta ai disturbi del comportamento alimentare. «Sono patologie complesse che hanno sì caratteristiche che riguardano la salute mentale, ma non solo. Interessano anche il corpo e hanno bisogno di una cura più complessa che non può essere quella esclusiva della salute mentale», prosegue. Per questo, Tavilla ritiene che sia necessario stanziare delle risorse dedicate e in maniera uniforme su tutto il territorio italiano e ribadisce a più riprese l’importanza di dare vita alla legge che preveda un capitolo autonomo nei Lea. «Necessita solo di un decreto attuativo. Ma – precisa – il governo a questa richiesta fa ‘spallucce’. Nonostante i famosi fondi che oggi cita siano nati proprio per essere un ponte verso questa revisione all’interno dei Lea».
La disparità sanitaria tra Nord e Sud
Non solo. «A oggi l’offerta di cura, ancora notevolmente insufficiente rispetto ai numeri che registrano queste patologie, è particolarmente disomogenea tra Nord e Sud. Un problema che innesca il peregrinaggio delle famiglie da una città all’altra e spesso uno smembramento delle stesse. Non è raro trovare genitori con più figli, in cui uno segue quello in cura in un posto e l’altro resta nel paese d’origine. Tutto questo provoca grandi problemi di gestione familiare», puntualizza Tavilla. Il fondo con cui il ministro Schillaci ha tentato di recuperare lo strappo con il settore si è quindi rivelato insufficiente.
«Le esenzioni di Schillaci? Pura propaganda»
I dati sui disturbi del comportamento alimentare non sono confortanti. In Italia, coinvolgono circa 4 milioni di persone, di cui la maggior parte donne. I morti si attestano a circa 4mila l’anno. E a preoccupare sanità e associazioni è l’insorgere sempre più precoce di questi disturbi, sempre più spostato verso l’infanzia. A questa epidemia, Open ha dedicato nel 2022 un progetto multimediale dal titolo Anime Affamate. Schillaci ha, inoltre, chiarito che saranno garantite maggiori esenzioni per le prestazioni ambulatoriali ai pazienti affetti da anoressia e bulimia. Ma, incalza Tavilla: «E tutte le altre patologie?». «Di queste esenzioni non ce ne facciamo nulla. Sono solo fumo negli occhi buttato alla gente e pura propaganda», commenta il presidente di Mi Nutro Di Vita. «Per sfruttare un’esenzione un malato deve essere prima diagnosticato e preso in cura. Attualmente, nel nostro Paese per avere una prima diagnosi ci può volere anche un anno. E anche laddove si dovesse avere delle esenzioni, il problema è arrivare nell’ambulatorio: le liste di attesa sono lunghissime». Per le associazioni, che oggi hanno scritto e letto una lettera di fronte alla sede del Ministero della Salute, è necessario agire con interventi strutturali. «Le esenzioni sono inutili se per accedervi i tempi sono lunghi. Vanno implementati i luoghi di cura, una categoria ad hoc nei Lea, e una rete che nella maggior parte delle regioni non esiste. Questo – chiosa Tavilla – è il primo passo».
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