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«La crisi nel Mar Rosso è una mazzata per l’industria alimentare». Parola di Baravalle, amministratore delegato di Lavazza

21 Gennaio 2024 - 08:50 Redazione
L'intervista a La Stampa: «Temo una recessione. Un container dal Vietnam, principale produttore di caffè insieme al Brasile, impiega fino a 20 giorni in più e il costo è schizzato da 1.300 a 4.000 dollari»

La crisi nel Mar Rosso crea uno scenario «drammatico per tutta l’industria europea: temo avremo una recessione. I porti italiani rischiano di essere tagliati fuori in favore di quelli del Nord Europa. Per il nostro settore le conseguenze possono essere pesantissime». Queste le parole a La Stampa dell’amministratore delegato di Lavazza Antonio Baravalle. «L’inflazione nell’alimentare non aveva ancora iniziato a rallentare significativamente – racconta – e ora arriva questa mazzata: un container dal Vietnam, principale produttore di caffè insieme al Brasile, impiega fino a 20 giorni in più e il costo è schizzato da 1.300 a 4.000 dollari».

L’ad Lavazza sulla “spesa tricolore” del governo Meloni: «È stata un’iniziativa superficiale»

In Italia, nel 2023 c’è stato un calo dei consumi. «Nel 2024 – precisa Baravalle – scenderanno ancora. E l’Italia, nonostante un’industria alimentare da 180 miliardi, deve comprare gran parte delle materie prime fuori». Lavazza ha scelto di «non scaricare sui clienti tutti i rincari e in questo modo abbiamo mantenuto volumi sostanzialmente stabili. Né abbiamo rinunciato alla qualità delle materie prime». La società «compra caffè per un miliardo di dollari all’anno, a fronte di un fatturato di 3: per noi un centesimo di variazione della materia prima significa 10 milioni di costo aggiuntivo». L’ad critica anche l’iniziativa del governo, il carrello tricolore, superficiale. «Se vuoi aiutare l’industria e i consumatori – dichiara – affronti i temi veri: favorisci gli investimenti in innovazione, il taglio del cuneo fiscale, la sburocratizzazione. E anche l’Europa non ci aiuta. C’è un eccesso di regolamentazione ideologica che rende l’industria europea sempre meno competitiva rispetto a Cina e Stati Uniti».

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