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Il figlio di Maurizio Costanzo: «Io ero un po’ snob. Fu Maria De Filippi a farci fare pace»

22 Gennaio 2024 - 07:45 Redazione
saverio costanzo maurizio costanzo
saverio costanzo maurizio costanzo
Il regista Saverio Costanzo racconta il rapporto con il padre

Saverio Costanzo, regista, è figlio di Maurizio Costanzo e della giornalista Flaminia Raimondi. Ha diretto due film e cinque serie tv, tra cui L’Amica Geniale. In un’intervista al Corriere della Sera ricorda la sua giovinezza e un padre che prima era lontano ma poi si è avvicinato. Grazie a Maria De Filippi. Il suo primo ricordo è legato alla famiglia: «Papà non ha mai dormito con mamma, come non credo abbia mai dormito con nessuna delle sue mogli. Stavamo in centro, in via dei Banchi Nuovi, al secondo piano. Ma lui se ne è andato di casa molto presto, quasi subito». Lui voleva molto bene al padre, ma insieme aveva una madre molto forte e presente. «Abbiamo avuto i nostri conflitti, come sempre tra il padre e il figlio maschio. Devo molto a Maria. Fu lei a riavvicinarci».

Galeotto fu Mességué

Proprio Maria De Filippi svolse un ruolo determinante: «Andavano da Mességué perché lui doveva sempre dimagrire. Una volta Maria gli disse: portiamo anche tuo figlio. Allora avevo tredici anni, ed ero pure io un po’ grassoccio… Lui all’inizio non voleva: “ma no, che palle!”. Finì che ci divertimmo tantissimo, sembravamo Sordi e Verdone nel film “In viaggio con papà”. Ci era toccata la camera insieme, un incubo. Se mi svegliavo (affamato) nel cuore della notte russava talmente che non riuscivo più a prendere sonno. All’inizio mi pareva uno sconosciuto. Poi mi resi conto che papà era un uomo di un umorismo straordinario. E così, complice una certa sorniona ironia tipica dei romani che condividiamo, ci siamo ammazzati dalle risate». Lui, invece, dice che era «un po’ stronzo: quando ho cominciato a fare il regista, non volevo che parlasse di me. Ed ero anche un po’ snob. Lui no. Lui era un uomo di tv; e un uomo di tv è di tutti».

Niente aiuti

Maurizio non ha aiutato il figlio dal punto di vista professionale: «Nel 2002, con Mentana, a fare una trasmissione sull’11 settembre per Canale 5, ci divertimmo. A un certo punto qualcuno propose: mandiamo Saverio a girare questi contributi. Ma mio padre non rispose né sì né no. Come a dire: non te la regalo la fiducia. E io pensai: ah sì? Neanch’io la regalo a te». Poi Saverio vince il festival di Locarno con Private: «Papà commentò: “È come se il proprietario di un teatrino di rivista scoprisse che suo figlio è Ibsen”». Per lui il padre era ««Una figura controversa. Non mi aprivo, non gli mostravo il mio dolore. Di consigli ne ho chiesti più a De André o a De Gregori, i cantautori che ascoltavo. I detrattori lo additavano come un uomo di potere, come un navigatore amico di tutti, di Berlusconi e di D’Alema e anche a me spesso il suo lato pubblico risultava inautentico».

Niente calcoli

«Ma poi nel tempo ho scoperto che non faceva calcoli, semplicemente si muoveva come se dovesse dare davvero tutto a tutti. Gli chiedevo: ma perché fai un sacco di lavori, pure la tv di San Marino? E lui rispondeva: perché non riesco a dire di no, per rispetto del lavoro che oggi c’è ma domani?», dice ad Aldo Cazzullo. Infine, ricorda l’addio: «C’eravamo tutti: Maria, mia sorella Camilla e mio fratello Gabriele. Sono stato fortunato: non avevo film da girare, ho potuto stargli accanto sino alla fine, e sono orgoglioso di questo. Papà è sempre rimasto lucido. Era stato molto male già nel 2013, ma all’epoca dovevo lavorare, avevo interrotto una produzione che doveva ricominciare. Lui mi disse: non partire, resta qui con me. Gli risposi: tu cosa faresti al posto mio?». Come finì? «Ancora una volta fu Maria a risolvere: “Vai pure Saverio, tuo padre è troppo intelligente per morire adesso”».

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