L’ex ministro M5s Fioramonti è un cervello in fuga: «In Italia non mi fanno lavorare neanche gratis»
Lorenzo Fioramonti è stato ministro della Pubblica Istruzione durante il secondo governo Conte. Si è dimesso dopo circa tre mesi ma ha mantenuto il suo posto di deputato nel Movimento 5 Stelle. Prima di buttarsi in politica è stato docente dell’università di Pretoria in Sudafrica. Dopo la fine della legislatura invece si è trasferito in Inghilterra, dove è diventato professore ordinario di Sostenibilità all’università del Surrey. E oggi in un’intervista al Fatto Quotidiano spiega perché non è rimasto in Italia: «Alla fine del mio mandato parlamentare dissi a una decina di università che mi sarebbe piaciuto costituire un centro di ricerca in Italia sulla sostenibilità. Avrei trovato io i finanziamenti, non chiedevo un euro. E la risposta è sempre stata “Vediamo”,“Ti faremo sapere”. Una cosa a metà tra l’imbarazzo e la cortesia».
Un sistema medioevale
Fioramonti sostiene anche di aver «proposto di venire a costituire il centro di ricerca gratis. Avrei continuato part-time a lavorare in Inghilterra e sarei venuto in Italia per mettere in piedi un Tecnopolo a titolo gratuito e trovando io i fondi. Ma anche in quel caso, zero». E che il problema degli atenei risiede in una cultura medievale in cui «ci si scambiano i favori». «Non sono membro di nessuna combriccola e nessu no ha interesse a sostenere qualcuno come me o qualcuno che non si muove in questo modo». Nell’università italiana «ancora si entra per segnalazione. Ma non parliamo di un’università di ricchi baroni, in tanti guadagnano molto meno dei colleghi all’estero. Forse alcuni non lo fanno volontariamente, semplicemente sono stati abituati così e quindi continuano a replicare questo metodo».
L’emanazione di un potere personale
Secondo Fioramonti «troppi utilizzano l’università come emanazione di un potere personale: pensano che è meglio dare un posto a chi sarà loro riconoscente. E questo non è utile. Poi ci metta pure che i finanziamenti sono sempre di meno e che la torta si restringe». E all’estero alla fine ci finiscono anche gli studenti più brillanti: «A me fa molta tristezza vedere italiani venire a studiare qui. I loro genitori spendono soldi in Inghilterra e per essere istruiti da un professore italiano che avrebbero potuto incontrare in Italia. Invece stiamo arricchendo l’Inghilterra».