Renato Pozzetto ricorda la moglie Brunella Gubler: «Penso sempre a lei, avrei dovuto darle di più»
Il comico e attore Renato Pozzetto ha 83 anni, l’età giusta per un’autobiografia. Per questo ne ha scritta una dal titolo Ne uccide più la gola che la sciarpa. E oggi in un’intervista al Corriere della Sera spiega perché ha sentito il bisogno di scriverla: «È stato come ascoltare qualcosa che mi raccontava un’altra persona per la prima volta. Ho sorriso, mi sono emozionato, ho riscoperto qualcosa che si era perduto nella memoria. E ho cercato di essere onesto nel descrivere le storie preziose della mia vita». Oggi ammette di aver avuto «una fortuna della Madonna. Mi pare abbastanza per essere sereno quando entri, diciamo così, nel rettilineo di arrivo». Ma c’è un racconto più emozionante degli altri: quello che riguarda sua moglie Brunella Gubler, morta nel 2009.
Brunella Gubler
Pozzetto nel colloquio con Giorgio Terruzzi dice che «è stata la persona della quale mi sono innamorato ed è stato un amore lungo una intera vita. Ha allevato i nostri figli, Giacomo e Francesca, sacrificandosi, dedicando pazienza e speranza anche a me. Dotata di senso dell’umorismo, rideva mentre provavamo i nostri testi, a casa. Penso a lei in continuazione. E talvolta penso che avrei potuto fare meglio, darle di più». E nell’ultimo capitolo c’è anche un bilancio finale: «Ho affrontato la vita percorrendo un equilibrio fatto anche di leggerezza. E ho avuto una fortuna della Madonna. Mi pare abbastanza per essere sereno quando entri, diciamo così, nel rettilineo di arrivo».
Jannacci e Cochi Ponzoni
Poi ricorda Jannacci: «Enzo era un poeta. Fu un vero ispiratore per noi, raccontava e cantava storie struggenti anche per lui. Ed era imprevedibile. Lo stavi a sentire e potevi ridere o piangere nel giro di un minuto. Ci siamo trovati naturalmente. Noi ascoltavamo i suoi brani, lui veniva ad ascoltare noi, ci apprezzava. Ci siamo voluti bene e abbiamo condiviso una vena umoristica comune». All’epoca si divise la strada con Cochi e Ponzoni.
Perché Jannacci era contrario al loro debutto al cinema: «Quando arrivò la proposta non sapevo come fare perché avevamo sempre lavorato in coppia. Mi confessai con Cochi. Fu accogliente. Se vuoi fare questo film, fallo pure. Lesse il copione anche il nostro Gesù Cristo e cioè Jannacci. Risposta: per me è una cagata pazzesca. Gli risposi con la frase di una sua canzone, Prete Liprando: “E io lo faccio lo stesso!”. Poco dopo chiesero anche a Cochi di recitare in un film importante, Cuore di cane, tratto dal romanzo di Bulgakov. Così mi sentii a posto nei confronti del mio compagno di vita e di lavoro».
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