Kenneth Smith è stato giustiziato con l’azoto nel polmoni: «Così l’Alabama ha trattato un uomo come un tarlo»
Lo Stato dell’Alabama ha effettuato la sua prima condanna a morte con l’azoto. Kenneth Smith è stato giustiziato alle 20,25 (ora locale) nel carcere Holman di Atmore, dopo che la Corte Suprema americana ha respinto il suo ultimo appello. L’azoto porta alla morte mediante asfissia e lo Stato lo ha utilizzato come alternativa all’iniezione letale per la prima volta dal 1982. Sostenendo che il nuovo protocollo è il metodo più indolore e umano tra quelli utilizzati. Gli esperti dei diritti umani delle Nazioni Unite hanno invece detto che l’uso dell’azoto può portare a una morte violenta e dolorosa oppure può lasciare vivo il condannato causandogli però lesioni gravissime. Smith era sopravvissuto nel novembre 2022 a un tentativo di esecuzione attraverso l’iniezione letale.
Come funziona
Smith è stato legato a un lettino nella camera della morte della prigione. Una maschera aderente al viso lo ha costretto a respirare da un contenitore pressurizzato un’alta concentrazione di gas. L’azoto è un gas inerte, inodore, incolore e insapore. Costituisce il 78% dell’atmosfera terrestre ed è il quarto elemento più presente nel corpo umano. L’aumento di percentuale di azoto nell’aria riduce la quantità di ossigeno, portando alla morte. Ma se una piccola quantità di aria entra nella maschera con cui si copre il volto del condannato dell’esecuzione, potrebbe rallentarne la morte oppure causargli nausea fino a portarlo a soffocare attraverso il suo stesso vomito. «L’ipossia di azoto può provocare una morte dolorosa e umiliante», ha sostenuto l’Alto Commissariato dell’Onu per i diritti umane. L’uso del metodo, secondo le Nazioni Uniti, può equivalere a una forma di tortura e diventare degradante ai sensi del diritto internazionale.
Chi era Kenneth Smith
Kenneth Eugene Smith ha ricevuto la condanna a morte per l’omicidio di Elizabeth Dorlene Sennett, 45 anni, nel 1988. Ad assoldarlo insieme a un complice per l’uccisione è stato il marito di lei, Charles Sennett, che aveva architettato un piano per far sembrare la morte della moglie un furto con scasso andato storto. Sennett, che era infedele alla moglie e aveva debiti che pensava di ripianare attraverso la sua morte, si è successivamente tolto la vita. Il complice di Smith, John Forrest Parker, condannato a morte, è stato giustiziato nel 2010. Smith invece aveva visto annullata la sua prima condanna a morte in appello. Nel 1996 undici dei dodici giurati avevano proposto per lui la pena dell’ergastolo. Ma il giudice ha ignorato il parere della giuria e l’ha condannato a morte.
Il sopravvissuto
Smith era incredibilmente sopravvissuto a un primo tentativo di esecuzione attraverso un’iniezione letale. All’epoca i medici non riuscirono a trovare la vena in cui iniettare il veleno, pur bucandogli mani e braccia per più di un’ora. Fino a sospendere l’esecuzione per il rischio di non rispettare i tempi previsti. Le sue ultime parole: «Stasera l’Alabama fa compiere all’umanità un passo indietro. Me ne vado con amore, pace e luce, vi amo. Grazie per avermi sostenuto, vi amo tutti». Il condannato si è poi battuto la mano sul cuore e ha salutato la famiglia, che si trovava al di là del vetro della camera della morte. Poi la chiusura delle tende alle 20,15. Dieci minuti dopo la dichiarazione di morte.
«Trattare un uomo come un tarlo»
Antonio Sapone, specialista in Medicina legale di Roma, ha detto ieri all’agenzia di stampa AdnKronos che «usare l’azoto per una esecuzione capitale è trattare un uomo come un tarlo perché è lo stesso procedimento che si usa per eliminare il parassita dai mobili di legno quando viene deprivato dell’ossigeno». Secondo Sapone «l’azoto non è tossico ma depriva il cervello, un organo molto più sensibile di altri, dell’ossigeno. Così si arresta velocemente il metabolismo dell’organo e sopraggiunge il decesso».