Beniamino Zuncheddu, il risarcimento dopo 33 anni in cella da innocente: «Volevo farmi una famiglia, mi hanno rubato tutto»
L’istanza di risarcimento per Beniamino Zuncheddu sta per partire, ma dopo 33 anni passati in carcere da persona completamente estranea alla vicenda di cui era accusato, l’ex pastore sardo sa perfettamente che nulla potrà tornare come prima. «Nessuno potrà darmi quello che ho perduto – dice al Messaggero – Desideravo una famiglia». Nel processo di revisione, la Corte d’Appello penale di Roma ha stabilito che Zuncheddu non ha commesso la strage di Sinnai dell’8 gennaio 1991, per la quale era stato condannato all’ergastolo. I giudici hanno inviato gli atti sulle tre presunte false testimonianze alla procura. Tra queste c’era anche quella del poliziotto che indagò sulla vicenda e mostrò a uno dei testimoni una foto di Zuncheddu, suggerendo la conferma del riconoscimento. Ora che Zuncheddu è libero, nelle sue parole non c’è traccia di rabbia: «Non provo rabbia, perché sono vittime anche le persone che mi hanno accusato, non è colpa loro – ha spiegato in conferenza stampa – Ma del poliziotto che fa parte della giustizia, dell’ingiustizia». «Desideravo avere una famiglia – racconta Zuncheddu – costruire qualcosa, essere un libero cittadino come tutti. Trent’anni fa ero giovane, oggi sono vecchio. Mi hanno rubato tutto. Adesso mi riposerò, almeno mentalmente». A 59 anni, l’ex pastore deve provare a ricostruire una vita fuori dal carcere ancora da immaginare: «Non so dire come immagino la mia vita ora. Voglio curarmi, perché sto troppo male». In 33 anni in cella, Zuncheddu dice di essere riuscito a trovare la forza grazie alla «fede, che teneva alta la mia speranza. Essere libero è una cosa impagabile». Non si sente un eroe, ma «un sopravvissuto».
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