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Il genetista Redi: «Grazie alla scimmia clonata in Cina possiamo studiare le malattie degli esseri umani»

29 Gennaio 2024 - 09:38 Redazione
Secondo il "papà" del primo topo clonato, il successo dell'esperimento cinese potrebbe avere risvolti positivi per la medicina rigenerativa

I recenti progressi scientifici sulla clonazione possono essere un punto di svolta per studiare le malattie degli esseri umani. A spiegarlo perché è Carlo Alberto Redi, il genetista di fama mondiale che nel 1998 clonò il primo topo – Cumulina – in collaborazione con il team del professor Ryuzo Yanagimachi di Honolulu, Hawaii. Sulle pagine di QN, lo scienziato italiano ha commentato il recente esperimento di ReTro, il primo clone di una scimmia che è riuscito a sopravvivere più di due anni. «Finora era stato difficile ottenere cloni di scimmia in grado di sopravvivere – spiega Redi -. I ricercatori cinesi hanno individuato nella placenta il punto debole dell’esperimento». Secondo il genetista italiano, già docente all’Università di Pavia, l’esperimento condotto in Cina potrebbe avere importanti risvolti in campo medico. Per esempio, sulla «comprensione dei meccanismi dell’infertilità, la loro risoluzione, lo studio e il trattamento di diverse malattie, tra cui i tumori del sangue, il Parkinson e alcune patologie rare, come quella che affligge i “bambini farfalla”».

La clonazione, spiega Redi, «sta alla base delle medicina rigenerativa» e potrebbe essere usata in futuro dai medici per sostituire le cellule malate con cellule sane, create appositamente in laboratorio da un biologo. Il successo dell’esperimento di ReTro in Cina ha suscitato grande entusiasmo nella comunità scientifica, ma ha alimentato anche i timori – spesso infondati – di chi crede che presto si inizieranno a fare esperimenti anche sulla clonazione degli esseri umani. «Ma per carità! – esclama Redi nell’intervista a QN -. Confiniamo tali derive alla fantasia degli scrittori di fantascienza o ai bizzarri annunci dei Raeliani. Nessuno sulla Terra può ragionevolmente pensare di usare questa metodologia per clonare un essere umano». I motivi sono presto detti: i cloni spesso non vivono a lungo e presentano anomalie fisiche e problemi di salute. Ciò che invece è fondamentale salvaguardare è la tecnica alla base della clonazione. Che, spiega Redi, potrebbe aprire a nuove frontiere della medicina.

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