Moussa Faki («quello vero» secondo la Meloni) tornato in Africa con due grossi guai. Salta l’Unione economica. Report contro di lui sulle nomine nell’Unione Africana
Lasciata Roma la mattina del 30 gennaio il Presidente della Commissione dell’Unione Africana, Moussa Faki Mahamat («quello vero», come ha scherzato Giorgia Meloni stringendogli la mano dopo avere creduto di averlo al telefono durante uno scherzo di due comici russi) ha trovato in Africa subito due grane non di poco conto. La prima è arrivata mentre lui ancora stava parlando con toni polemici del piano Marshall nel Senato italiano. Tre stati africani (Mali, Niger e Burkina Faso) hanno comunicato la loro uscita definitiva dall’ECOWAS, una sorta di area dell’euro dell’Africa Occidentale: nata da un accordo fra 16 stati, poi ridottisi a 12 dopo poco tempo, aveva lo scopo di unire le loro economie e adottare una moneta unica comune, chiamata “eco”. I tre stati erano sospesi, come già accaduto per la Guinea, all’indomani dei colpi di Stato che avevano cambiato regime. Ma si sperava di farli rientrare con il lavorio diplomatico, perché assottigliandosi in questo modo il progetto di una unione monetaria fra stati africani rischia di tramontare per sempre.
Rischia di saltare la moneta unica dell’Africa Occidentale
Dalla sua posizione di presidente della commissione Moussa Faki appena atterrato ieri ha rivolto un accorato appello «a unire tutti gli sforzi affinché l’insostituibile unità dell’ECOWAS sia preservata e la solidarietà africana sia rafforzata», invitando i leader degli Stati di quell’area a «intensificare il dialogo tra i leader dell’ECOWAS, Mali, Niger e Burkina Faso. Offro subito la piena disponibilità della Commissione dell’Unione Africana a fornire tutta l’assistenza, nell’ambito delle sue possibilità, per garantire il successo della logica del dialogo fraterno lontano da qualsiasi interferenza esterna da qualsiasi parte». Nessuna risposta però è arrivata dai capi di Stato invocati.
Un pesante rapporto dei revisori dei conti dell’Unione africana
Non è però quella la sola grana che ha trovato sul tavolo il presidente della Commissione dell’Unione Africana, perché dopo avere ascoltato la difesa dei suoi principali collaboratori, è pronto un rapporto di 64 pagine assai velenoso nei suoi confronti scritto dal Comitato operativo di audit dell’Unione Africana. Ad averlo redatto sono revisori dei conti che vengono da molti altri paesi (il presidente è egiziano, i membri vengono da Marocco, Angola, Guinea Equatoriale, Algeria, Sudafrica, Nigeria, Tanzania, Costa D’Avorio e dall’eSwatini che è l’ex Swaziland), e ovviamente pesano le tensioni geopolitiche che non mancano mai all’interno del continente africano. Nel mirino però ci sono le assunzioni fra il 2021 e il 2023 di tutti i direttori dell’Unione Africana.
Moussa Faki sotto accusa per le assunzioni con “scarso merito”
L’accusa verso l’ufficio del presidente Moussa Faki Mahamat sembrerebbe ironica perfino in Italia: non avere seguito il criterio del merito, ma quello della familiarità e vicinanza politica al capo dei prescelti, e avere violato anche le norme sulla parità di genere e i criteri di un certo equilibrio regionale che le scelte dovevano avere (non sono pochi i prescelti provenienti dalla Repubblica del Ciad, di cui l’attuale presidente della commissione è stato sia premier che a lungo ministro degli Esteri). I collaboratori di Moussa Faki hanno replicato ai revisori rivendicando la regolarità delle scelte e rimarcando come la procedura preveda per ogni incarico la presentazione di terne di candidati all’interno delle quali il presidente a diritto insindacabile di scelta. Non è l’opinione dei revisori che per la prima volta si sono messi a fare le pulci sulle assunzioni dopo la profonda riforma dell’Unione Africana avviata dal presidente del Ruanda Paul Kagame. Contestata anche la sola donna scelta come direttore in quei due anni: Patience Chiradza, ex Onu proveniente dallo Zimbawbe , che nelle schede di valutazione non sarebbe dovuta approdare nella terna finale dove il candidato con punteggio più alto era il nigeriano Chukwuemeka Eze. Il rapporto chiede di annullare le nomine dell’ultimo biennio ripetendo la procedura (salvo alcune già sub iudice per i ricorsi presentati dai candidati esclusi). Scelta però che deve essere approvata dal Consiglio esecutivo dell’Unione Africana a maggioranza dei due terzi.
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