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Il disco di inediti di Ivan Graziani raccontato dal figlio: «Artista sincero, oggi farebbe fatica con il politicamente corretto» – L’intervista

30 Gennaio 2024 - 21:14 Gabriele Fazio
Filippo Graziani presenta a Open «Per gli amici», l'album postumo del padre Ivan con otto canzoni inedite

Si intitola «Per gli amici» l’album con cui Ivan Graziani è tornato nelle nostre vite grazie allo splendido lavoro della sua famiglia, in particolare del figlio Filippo che si è occupato della produzione di questi otto inediti. Otto canzoni sorprendenti, che pur deviando totalmente, meravigliosamente, dalle sonorità rumorose e tech di oggi, alla fine risultano futuriste, avanguardia pura che ci riporta a un intento musicale che purtroppo si è ormai perso. Ci verrebbe da dire che artisti come Ivan Graziani non ce ne sono più ma non saremmo corretti. L’album infatti è stato anticipato dalla stupenda La canzone dei marinai, inserita in versione tre voci nel nuovo album di Colapesce e Dimartino, calzando a pennello in un progetto che rappresenta il futuro più roseo del cantautorato moderno. Tutto in questo disco di Ivan Graziani, «Il cappello della sua produzione musicale» come purtroppo svela il figlio Filippo a Open, si percepisce come fresco, niente che richiami al passato, niente che ricordi che stiamo ascoltando le parole concepite e cantate da un uomo scomparso nel 1997. Questa infatti non è un’operazione nostalgia architettata per sfruttare subdoli meccanismi relativi al mercato discografico e non è nemmeno un’opera che si autocompiace della propria esistenza, che si basta, diretta a chi ha ancora oggi a cuore la musica di Graziani. «Per gli amici» è un disco vero, un’opera vera che nell’attuale mercato può competere e vincere anche.

Cos’è che ti ha sorpreso di più di questo album?

«In realtà non avevamo idea precisamente di cosa sarebbe successo alla fine del processo di restauro del disco. Quello che c’è piaciuto è che suonava tutto molto coeso, c’era da rifare batteria e basso ma i brani già avevano una loro coesione di base».

Cosa hai provato quando hai risentito per la prima volta queste canzoni?

«Innanzitutto una grande felicità, soprattutto nel poter dire che c’erano delle cose nuove sulle quali potessi lavorare io. Tutti gli inediti che abbiamo fatto nel corso degli anni sono stati dati in carico a diversi produttori e arrangiatori, su queste invece ho messo le mani io, ed è stata un emozione scoprirli, una gioia lavorare a stretto contatto con mio padre».

Quando si parla di Ivan Graziani si ha sempre la sensazione di un artista non celebrato come dovrebbe…

«Io trovo che celebrare un artista è una cosa che ha molto di personale. Ci sono artisti amati in maniera più riservata, altri messi in mezzo di più. La verità sta nel fatto che mio padre parlava in una certa maniera di musica, aveva un modo di scrivere molto intimo, erano storie, non massimi sistemi. Per natura, certe canzoni di papà non sono nazionalpopolari come quelle di Battisti. Sono canzoni che hanno un’altra strada, è una questione di sensibilità».

Che artista sarebbe oggi Ivan Graziani?

«Chi lo sa, è una cosa che mi sono domandato tante volte anche io. Mio padre faceva molta ricerca, ha avuto, come tutti gli artisti che si rispettino, cambi di direzione. Ma un artista è fatto anche di questo, non mi fido di chi non cambia mai: vuol dire che non vuole confrontarsi con la realtà e la realtà cambia quindi devi cambiare anche tu, nessuno è un monumento a se stesso, specie quando si parla di arte. Avrebbe certamente dei problemi con il politicamente corretto, sarebbe stato complicato scrivere prestando certa attenzione, non era il suo modo di fare. Quando si scrivono certe cose bisogna rischiare di essere offensivi. Mio padre nelle canzoni ha parlato di droga, di prostituzione, di qualsiasi cosa. E devi dire le cose come stanno, non puoi esimerti».

Il duetto virtuale con Colapesce e Dimartino mi ha fatto pensare che tuo padre sarebbe stato del tutto a suo agio in una determinata nuova scena cantautorale

«È un mondo, quello dei cantautori di oggi, che papà avrebbe guardato con estrema attenzione; ma non avrebbe lavorato con tutti. Il vero riconosce il vero, ecco perché con Colapesce e Dimartino è venuto un lavoro ottimo, e per papà era la cosa più importante».

La domanda è cruda ma è inevitabile dopo aver ascoltato il disco: cosa ci siamo persi?

«Una musica sincera. La differenza con i dischi di questo momento è che questo è un disco sincero di un artista che aveva necessità di dire delle cose, non c’è la necessità di accontentare il pubblico delle piattaforme o la necessità di andare in radio. In questo momento molto artefatto, dove vedo molta ricerca di compiacimento, questo album è il lavoro di un artista».

Possiamo aspettarci altre sorprese in futuro?

«Sarà molto difficile, temo che questo sia il cappello della produzione musicale di mio padre, dubito che ci saranno altre cose da lavorare. Io non amo fare uscire i provinacci, secondo me il provinaccio deve restare in casa. Abbiamo un sacco di cassette a casa con prove di brani, appunti, idee…ma non le ascolterete mai».

Nella foto: un’immagine di Ivan Graziani (archivio Ansa)

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