In Evidenza Benjamin NetanyahuDonald TrumpGoverno Meloni
ECONOMIA & LAVOROGoverno MeloniLavoro e impresaTurismo

Imposta di soggiorno, il governo studia la revisione: l’importo sarà proporzionale al costo della camera dell’hotel

30 Gennaio 2024 - 13:07 Gianluca Brambilla
La risoluzione firmata da Gasparri e Lotito (Forza Italia) punta a rivedere le regole sulla tassa per turisti e visitatori, introducendo un tetto massimo del 5%

Riforma in arrivo per l’imposta di soggiorno. Da fine novembre, la commissione Finanze e Tesoro del Senato sta lavorando a una risoluzione firmata da due senatori di Forza Italia – Maurizio Gasparri e Claudio Lotito – che impegna il governo a «valutare l’opportunità di una revisione generale dell’imposta di soggiorno». La risoluzione non è ancora stata votata, ma i due ideatori della proposta promettono di voler impostare le nuove regole in base a cinque criteri: «chiarezza, semplicità di gestione, incisività, immediatezza del prelievo e gradualità». Ed è proprio quest’ultimo punto che introdurrebbe, qualora la risoluzione venisse approvata, le novità più rilevanti. L’idea di Gasparri e Lotito prevede infatti di usare come parametro per l’imposta di soggiorno il costo della camera, applicando «un massimo del 5 per cento» ma senza sforare il tetto massimo giornaliero «di 10 euro al giorno a persona».

Come funziona oggi l’imposta di soggiorno

L’imposta di soggiorno come la conosciamo oggi è stata introdotta con il decreto legislativo n.23 del 2011, che ha dato facoltà ad alcuni comuni – capoluoghi di provincia, località turistiche, città d’arte – di istituire l’imposta per i turisti. Entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del provvedimento, il governo avrebbe dovuto dettare un regolamento generale. Di quel documento, però, non si è mai vista traccia, con il risultato che ogni comune ha iniziato a muoversi per conto proprio. Nel 2023, per esempio, il sindaco di Roma Roberto Gualtieri ha aumentato l’imposta di soggiorno per hotel, case vacanza e bed & breakfast. Si è passati da 3,5 a 6 euro al giorno per le residenze, da 3,5 a 7 euro per gli affittacamere di prima categoria, da 6 a 7,5 euro per gli hotel a quattro stelle, da 7 a 10 euro per gli hotel a 5 stelle. Il decreto del 2011 stabilisce alcune regole generali. Per esempio, il fatto che l’imposta di soggiorno debba seguire criteri di gradualità, in proporzione al prezzo della camera, ma con un tetto massimo di 5 euro per i comuni più piccoli e di 10 euro per Roma e i capoluoghi di provincia particolarmente turistici. Ciascun municipio ha la libertà di decidere possibili esenzioni o riduzioni dell’imposta in alcuni periodi dell’anno.

ANSA/Andrea Merola | Veneziani e turisti navigano nel bacino di San Marco, a Venezia, per la Festa del Redentore (15 luglio 2023)

Le osservazioni alla riforma proposta dal governo

La riforma proposta in Commissione Finanze del Senato da Lotito e Gasparri impegna il governo essenzialmente su due fronti. Primo: fissare regole uniformi a livello nazionale per l’imposta di soggiorno. Secondo: emanare il regolamento previsto dal decreto legislativo del 2011 di cui ad oggi non si è ancora vista traccia. La risoluzione dei due senatori di Forza Italia ha raccolto diverse osservazioni da parte dei principali attori coinvolti. Si va da Confindustria Alberghi, che ricorda il «poco invidiabile primato» dell’Italia che ha «l’imposta di soggiorno più elevata d’Europa», ad AirBnb, che dice di accogliere «positivamente la risoluzione» e di voler supportare «l’impegno del governo per l’armonizzazione e la semplificazione della materia nel suo complesso». Nelle sue osservazioni, l’Anci – l’associazione dei comuni italiani – propone di «prevedere l’obbligo generalizzato per tutte le piattaforme», come AirBnb e simili, «di riscuotere direttamente l’imposta di soggiorno durante la fase di prenotazione». E propone di inserire un comma che «riconosca a tutti i comuni italiani la facoltà di istituire l’imposta di soggiorno». Si muove in direzione opposta l’Aigab – l’Associazione italiana gestori di affitti brevi – che chiede invece di «limitare il ricorso dei Comuni all’imposta di soggiorno come strumento di raccolta di nuove tasse, rischiando in questo modo di far perdere competitività all’intero Paese».

La protesta degli autisti

Tra le osservazioni inviate alla Commissione Finanze e Tesoro c’è anche quella dell’Anav, l’Associazione nazionale autotrasporto viaggiatori. Il decreto legislativo del 2011, ricordano gli autisti nel documento inviato al Senato, prevede che l’imposta di soggiorno possa «sostituire, in tutto o in parte, gli eventuali oneri imposti agli autobus turistici per la circolazione e la sosta nell’ambito del territorio comunale». Di fatto, però, nessuno dei comuni si è avvalso di questa facoltà, con la conseguenza che i turisti si sono trovati a dover pagare sia l’imposta di soggiorno in albergo sia – in caso di circolazione con autobus turistici – la tassa per la circolazione. L’Anav parla di una «scelta discriminatoria» e chiede a Lotito e Gasparri di tenere in considerazione anche le loro osservazioni nella riforma complessiva dell’imposta di soggiorno che il governo si appresta a varare.

ANSA/Daniel Dal Zennaro | Un autobus turistico passa in piazza Duomo, a Milano (9 giugno 2023)

Che fine fanno i proventi della tassa?

Il tema su cui si concentrano molte delle osservazioni inviate alla Commissione del Senato riguarda l’uso dei proventi riscossi dalle amministrazioni comunali con l’imposta di soggiorno. Il gettito complessivo stimato per il 2023 è stato di 702 milioni di euro, in aumento del 13,2% rispetto all’anno precedente. Stando al decreto del 2011, i proventi dell’imposta di soggiorno andrebbero destinati dai comuni a interventi relativi alla filiera turistica. Di fatto, però, non esiste una vera rendicontazione di come vengono spese queste risorse e ogni comune usa il gettito proveniente dall’imposta di soggiorno a proprio piacimento. Confartigianato, dunque, chiede al governo di fissare «vincoli di utilizzo che attribuiscano almeno i due terzi dell’importo a interventi relativi alla filiera turistica e dei beni culturali», citando il caso di Arezzo, che già lo fa da anni. È di diverso parere l’Anci, secondo cui «i flussi turistici sempre più impattano su molteplici e trasversali servizi gestiti dai comuni»: dal trasporto pubblico locale alla viabilità, passando per la raccolta dei rifiuti e l’impiego delle forze dell’ordine. Per questo, i sindaci chiedono di «consentire una destinazione ampia del gettito» riscosso dall’imposta di soggiorno.

Foto di copertina: ANSA/Angelo Carconi | Turisti passeggiano al Colosseo, Roma (6 agosto 2023)

Leggi anche:

Articoli di ECONOMIA & LAVORO più letti