Il piano Zaki di Giorgia Meloni per portare via Ilaria Salis dal carcere in Ungheria
«Ha potuto fare delle telefonate e non è stata isolata dal mondo. Non è corretto dire così». Parlando con i giornalisti al termine dell’incontro notturno con Giorgia Meloni, il premier dell’Ungheria Viktor Orbán ha negato il trattamento raccontato da Ilaria Salis nel suo memoriale dal carcere a Budapest. Orbán ha anche detto che la magistratura nel paese non dipende dal governo ma dal Parlamento. «L’unica cosa in cui posso essere a sua disposizione è l’ambiente del detenuto. È lì che ho un’influenza legittima per garantire che debba essere fornito un trattamento equo», ha aggiunto. Eppure, raccontano oggi i retroscena dei giornali, Meloni ha un piano per riportare Salis in Italia. Un piano che prevede l’espulsione dal paese. E che somiglia a quello per Patrick Zaki.
L’espulsione
Un retroscena de La Stampa racconta oggi che la premier non sapeva nulla della vicenda Salis prima che il caso scoppiasse sui giornali. Poche, o nessuna le informazioni arrivate dall’ambasciata italiana in Ungheria. Per questo si è dovuta documentare prima di definire insieme ai suoi collaboratori una soluzione diplomatica che potrebbe essere alla portata di tutti. La premier non ha parlato solo con il primo ministro ungherese, ma anche con la presidente della Repubblica, Katalin Novák, con la quale ha un rapporto più stretto rispetto a quello con Orbán. Meloni ha detto che Salis si trova in uno stato di detenzione degradante. Per questo il procuratore è andato in carcere a parlare con l’accusata. Non trovandola in buone condizioni, le è stato promesso un interprete. E ha ricevuto la visita di un medico e di uno psicologo.
Il confronto con Orbán
Il confronto con il premier ungherese si è sviluppato sulla possibilità di ridurre i tempi del processo. Per arrivare alla sentenza il prima possibile e ottenere poi l’espulsione della maestra di Monza. Un decreto che però ad oggi non potrebbe arrivare a breve, visto che la prossima udienza del processo è fissata a maggio 2023. Che l’espulsione sia possibile lo ha fatto capire anche il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani: «L’estradizione è impossibile perché non ha ricevuto condanne in Italia. Può essere espulsa dall’Ungheria in caso di condanna». Se l’autorità giudiziaria ungherese la pone ai domiciliari, poi, lei può chiedere di scontarli in Italia. «Ma non si può passare dal carcere in Ungheria ai domiciliari in Italia», ha concluso Tajani.
La diplomazia
Ora il problema è innanzitutto diplomatico e politico. La premier deve avere cautela nei confronti di un governo amico e alleato in vista delle elezioni europee. E di un’alleanza nella famiglia dei Conservatori europei. Ma muoversi sfruttando i rapporti personali potrebbe essere la scelta giusta. Come è successo con Al-Sisi nei confronti del caso Zaki.
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