Matteo Renzi, la giudice Zanda e quelle sentenze che strizzano l’occhio ai no vax: «Molto dipende da chi incroci sulla tua strada in Tribunale»
Ecco un estratto del nuovo libro di Matteo Renzi, «Palla al centro. La politica al tempo delle influencer», pubblicato per Piemme da Mondadori Libri.
Che poi molto dipende da chi incroci sulla tua strada in Tribunale. A Firenze per alcune cause civili siamo stati condannati in primo grado da una giudice, di nome Susanna Zanda, che ha una storia incredibile e per la quale è a sua volta davanti al disciplinare del Csm. Come riporta David Puente su Open, la giudice Zanda firma nel 2019 un decreto per rimuovere il wifi nell’istituto comprensivo Botticelli di Firenze. La motivazione? Il wifi, secondo la magistrata, nuocerebbe alla salute. Il wifi. Arriva il Covid e la dottoressa Zanda sposta le sue attenzioni dal 5G ai vaccini, come racconta Il Foglio. Prende carta e penna e scrive al Csm. I vaccini contro il Covid vengono definiti «sieri sperimentali, causa di moltissimi decessi, che alterano il Dna» e «trattamenti genici sperimentali»; il green pass uno «strumento eversivo». Ovviamente, diventa subito un’eroina per le testate che più hanno accarezzato i lettori no vax, a partire da La Verità, che pubblica una sua strenua difesa. Il procedimento che mi vede chiedere i danni a La Verità finisce nelle mani della dottoressa Zanda e del tutto casualmente – a differenza di ciò che accade con Il Fatto Quotidiano e Dagospia – io sono costretto a pagare le spese e non vengo risarcito. Eh sì, voi non ci crederete ma davanti alla dottoressa Zanda, La Verità non viene condannata a differenza di quanto era accaduto a tutti gli altri. Io non ho problemi e sono certo che vincerò in appello (fissato per il 2025, ahimè). Basta leggere le motivazioni per comprendere una certa confusione non solo giuridica.
Ma cosa può fare un cittadino qualunque se incontra una giudice che dice queste cose del wifi, del green pass, dei vaccini, dei sieri che alterano il dna? Ho l’impressione che la richiesta di fare test psicologici ai magistrati non fosse poi così campata in aria. Troppi sono i casi di malagiustizia nel Paese. E troppi gli squilibri di potere. Per questo si invoca da più parti e da anni una riforma della giustizia. Quando Carlo Nordio è stato nominato ministro della Giustizia, molti di noi hanno sperato che quel momento fosse arrivato. Il guardasigilli è un autentico garantista, un liberale e un vero galantuomo. Un riferimento per chi crede nella giustizia giusta di questo Paese. Chi ci ha creduto, però, non ha fatto i conti con l’anima nera del governo. Quella cultura profondamente giustizialista che fa parte del dna di Fratelli d’Italia. D’altronde, i giovani missini erano fuori dall’hotel Raphaël a tirare le monetine a Craxi. E senza andare troppo indietro nel tempo, il partito di Giorgia Meloni è stato il miglior alleato del Movimento Cinque Stelle nella campagna giustizialista nei miei confronti e nei confronti dei ministri del mio governo.
Oggi, che a rischio sono i suoi, la premier dice in conferenza stampa di non aver mai chiesto in passato le dimissioni di qualcuno perché indagato. Non chiedeva le dimissioni di qualcuno effettivamente, ma di tutti i membri della squadra di governo, a cominciare dal caso di Federica Guidi, di cui abbiamo parlato sopra.
(Pubblicato per Piemme da Mondadori Libri S.p.A. ©️ 2024 Mondadori Libri S.p.A., Milano)