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Codacons contro Ferragni, dopo il caso Pigna si prenota: «Pronti ad affiancare altre aziende per i risarcimenti»

05 Febbraio 2024 - 11:24 Redazione
L'associazione dei consumatori si schiera al fianco dell'azienda cartiera. E giudica il suo passo indietro sulla collaborazione perfettamente legittimo

Il Codacons si schiera con Pigna e promette di essere pronto ad affiancare legalmente l’azienda «in qualsiasi temeraria azione legale» che Chiara Ferragni o le società a lei riconducibili «dovessero intraprendere». L’intervento dell’associazione a difesa dei consumatori arriva all’indomani della decisione di Pigna, nota azienda cartiera, di interrompere la propria collaborazione con l’influencer. Una mossa dichiarata «illegittima e strumentale» da Ferragni, che tramite la sua società – Fenice Srl – va al contrattacco e «si riserva di agire nelle sedi più opportune a tutela dei propri interessi». Eppure, sostiene il Codacons, il passo indietro di Pigna è «perfettamente coerente con la funzione del contratto di sponsorizzazione». Mentre le dichiarazioni rilasciate dalla società dell’influencer «appaiono non solo arroganti, ma anche contrarie alle disposizioni di legge».

Secondo l’associazione a difesa dei consumatori, la sanzione dell’Antitrust in merito alla vicenda del pandoro Balocco «Pink Christmas» costituisce «inosservanza degli obblighi di buona fede, correttezza e diligenza secondo quanto disposto dagli artt. 1175 (“comportamento secondo correttezza”), 1176 (“diligenza nell’adempimento”) e 1375 del codice civile (“esecuzione di buona fede”). Insomma, secondo il Codacons, le inchieste a carico di Ferragni giustificano pienamente la decisione di Pigna di esercitare il diritto di recesso, con l’azienda che «ha voluto isolare e separare la sua immagine da quella fortemente viziata» dell’influencer. Il Codacons si dice pronto inoltre ad «affiancare legalmente» tutte le aziende che volessero «chiedere all’imprenditrice digitale il risarcimento dei danni economici e di immagine subiti a causa delle condotte illecite sanzionate dall’Antitrust e sotto inchiesta da parte della magistratura».

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