L’allarme di Greenpeace sulle acque contaminate nel Torinese: «Rilevati Pfas in oltre 70 Comuni»
Oltre 125mila cittadini che abitano nella provincia di Alessandria e nella città metropolitana di Torino potrebbero aver bevuto acqua potabile contaminata. A lanciare l’allarme è un rapporto pubblicato in questi giorni da Greenpeace Italia, basato su dati ufficiali degli enti pubblici piemontesi che l’associazione ambientalista ha ottenuto tramite un’istanza di accesso agli atti. L’analisi di Greenpeace mostra che in diverse zone del Piemonte, compresa la città di Torino, i cittadini potrebbero aver bevuto acqua contaminata da PFOA, una molecola classificata come cancerogena per gli esseri umani e che fa parte dei PFAS. Questi ultimi sono stati ribattezzati «forever chemicals», perché tendono ad accumularsi negli esseri umani e nell’ambiente resistendo ai nomali processi di degradazione.
Cosa sono i Pfas
«Per anni si è ritenuto che la contaminazione da PFAS in Italia interessasse solo il Veneto o la zona dell’alessandrino in Piemonte, aree che hanno ospitato od ospitano tuttora stabilimenti industriali dedicati alla produzione di queste pericolose molecole. Purtroppo, però, l’inquinamento da PFAS è molto più esteso», spiega Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace. In Piemonte ha sede infatti l’unica produzione ancora attiva di PFAS in Italia. Si tratta del polo chimico Solvay Specialty Polymers di Spinetta Marengo, ad Alessandria. Secondo l’Agenzia europea per l’ambiente, queste sostanze chimiche «possono avere effetti negativi sulla salute come danni al fegato, malattie della tiroide, obesità, problemi di fertilità e cancro». Una direttiva europea introdurrà una soglia massima di concetrazione di PFAS a partire dal 2026, con molti Paesi che già si sono adeguati in anticipo. In Italia, però, non esiste ancora una legge che vieti l’utilizzo o la produzione di queste sostanze chimiche.
I dati del report
A proposito dei dati ricavati nell’Alessandrino e nel Torinese, Greenpeace parla di un inquinamento «non ancora riconosciuto» né «sotto controllo». A dimostrarlo non sono solo i dati ottenuti dagli enti pubblici torinesi, ma anche altre rilevazioni condotte in autonomia dall’associazione ambientalista, che hanno registrato la presenza di PFAS in altre aree non monitorate. Il problema, poi, potrebbe essere anche più ampio del previsto, considerato che solo alcuni Comuni hanno risposto alle istanze di accesso agli atti di Greenpeace.
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