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Netanyahu chiude alla proposta di Hamas per il cessate il fuoco: «Sarebbe una resa, la guerra continuerà fino alla loro sconfitta»

07 Febbraio 2024 - 19:11 Redazione
Il premier israeliano ufficializza il no alle richieste del movimento fondamentalista: «Dopo Khan Yunis combatteremo a Rafah, vittoria in arrivo»

Israele non accetta la proposta di percorso presentata da Hamas per porre fine alla guerra a Gaza con il ritiro dell’esercito in cambio del rilascio progressivo degli ostaggi su un arco di 135 giorni. A ufficializzare il diniego dello Stato ebraico, già filtrato nelle scorse ore, è questa sera il premier Benjamin Netanyahu. «Arrendersi alle condizioni deliranti poste da Hamas ci porterebbe a un altro massacro, a una tragedia per Israele che nessuno sarebbe disposto ad accettare», ha sbattuto la porta in conferenza stampa il premier, nelle ore in cui in Israele è anche il segretario di Stato Usa Antony Blinken. «Siamo sulla strada verso la vittoria completa», ha rilanciato Netanyahu, secondo cui la guerra sarà vinta «nell’arco di mesi». Nessun passo indietro, dunque, gli obiettivi per il governo e per l’esercito restano quelli definiti all’indomani del 7 ottobre, ha detto il premier: distruggere Hamas, riportare a casa gli ostaggi (ma tramite la «pressione militare») e assicurare che Gaza non ponga mai più una minaccia per Israele. Netanyahu ha difeso l’andamento della guerra, definendo «senza precedenti» i risultati raggiunti dalla campagna militare, e reiterato l’intenzione di concentrare i combattimenti nell’area di Rafah nonappena terminate le operazioni a Khan Yunis. La città dell’estremo sud della Striscia è quella dove si trovano raccolti ormai quasi 2 milioni di palestinesi, la maggior parte dei quali rifugiatisi lì dopo aver lasciato e perso la propria casa. «Continueremo fino alla fine: non c’è altro soluzione al di fuori della vittoria completa. Il “giorno dopo” è il giorno dopo Hamas».

Gli incontri (e non) di Blinken

Nelle scorse ore, il premier israeliano ha incontrato il segretario di Stato americano, Antony Blinken, a Gerusalemme. È saltato invece l’incontro previsto per oggi tra Blinken e il capo di stato maggiore israeliano, il generale Herzi Halevy. La ragione, sostiene il giornale Israel ha-Yom, è l’opposizione arrivata direttamente dall’ufficio di Netanyahu, secondo cui nei rapporti diplomatici non è normale che un ministro straniero incontri un responsabile militare dell’altro Paese senza la presenza di un dirigente politico. «Israele non è una repubblica delle banane», ha aggiunto la fonte.

Il piano in tre fasi di Hamas

Il piano di Hamas per un accordo con Israele prevede un cessate il fuoco di 135 giorni diviso in tre fasi. È quanto riportato nella bozza visionata dall’agenzia Reuters dopo la riposta della settimana scorsa sulla proposta di Qatar ed Egitto. Secondo il piano, la prima fase prevede la liberazione di donne, anziani, malati, e maschi sotto i 19 anni, in cambio di donne e minori palestinesi detenuti. Nella seconda fase è fissato lo scambio degli altri uomini con detenuti e il ritiro dei soldati israeliani da Gaza. E infine nella terza fase ci sarà la restituzione dei corpi. Nel pacchetto di proposte, Hamas chiede anche aiuti e l’avvio della ricostruzione della Striscia. In più viene richiesto il rilascio di 1.500 detenuti palestinesi nelle carceri israeliane. Tra questi almeno un terzo è condannato all’ergastolo. Stando a quanto riporta Reuters, Hamas si aspetta un accordo definitivo sulla fine della guerra entro la fine della terza fase.

La risposta di Israele

Inizialmente, sulla proposta di Hamas era filtrata la disponibilità a una valutazione da parte del premier israeliano Netanyahu, che secondo l’emittente israeliana Kan tv alla vigilia della mediazione di fine gennaio a Parigi, avrebbe dato mandato al capo del Mossad, David Barnea, di concordare «un cessate il fuoco» transitorio di una settimana durante ognuna delle tre fasi proposte da Hamas. Quella decisione, secondo l’emittente israeliana, sarebbe stata presa senza consultare il Gabinetto di guerra e discussa a Parigi con la mediazione di Usa, Egitto e Qatar. Israele avrebbe anche risposto al Qatar di essere «pronto ad attaccare le postazioni di Hams a Rafah», nel Sud della Striscia di Gaza, nel caso in cui i negoziati sugli ostaggi dovessero fallire.

Foto di copertina: EPA/Haitham Imad | Alcuni edifici distrutti vicino a Rafah, nel Sud della Striscia di Gaza (7 febbraio 2024)

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