Coppie omogenitoriali, la Corte d’Appello di Brescia riconosce la legittimità degli atti di nascita per i bimbi con due mamme
La Corte d’Appello civile di Brescia ha preso una decisione destinata a far discutere sull’anagrafe dei figli di coppie omogenitoriali femminili. I giudici hanno infatti respinto il reclamo con cui il Ministero dell’Interno voleva cancellare in un caso la madre intenzionale dall’atto di nascita sul quale nel 2023 l’aveva ammessa il Tribunale. Una sentenza risalente a novembre che ribalta quanto stabilito ieri, 7 febbraio, dalla Corte d’Appello di Milano. Che aveva accolto il ricorso della Procura, stabilendo l’esclusione della madre intenzionale dall’atto di nascita di due figli accanto alla madre gestante. Secondo quanto spiegato dal Corriere della Sera, la contraddizione è dovuta a un vuoto legislativo. Il Parlamento non ha infatti provveduto a disciplinare la materia con una norma esplicita.
«Protratta inerzia del legislatore»
Mentre a Milano però questo ha costituito un deterrente, a Brescia hanno ritenuto che «la protratta inerzia del legislatore, pur dopo il severo monito nell’ormai lontano 2021 della Corte Costituzionale» legittima una «interpretazione evolutiva guidata dalla applicazione di principi costituzionali e sovranazionali» per «superare la mancata tutela dei figli». Interpretazione che tuttavia non può sostituirsi al compito del legislatore, «giacché il diritto vivente è appunto anche intervenire colmando lacune a fronte della inerzia protratta del legislatore».
Le motivazioni
Il collegio bresciano ha ritenuto che se «la posizione di attesa di un intervento legislativo non regge a fronte di situazioni di urgenza (morte del genitore biologico) nei quali l’adozione appare rimedio non praticabile, allora non si vede perché una interpretazione evolutiva della legge 40/2004, con riferimento alla parte dedicata alla tutela dei nascituri, non possa già oggi trovare ingresso, in attesa e anzi auspicando che il legislatore disciplini in modo organico la materia» per «meglio tutelare i diritti dei bambini».
Insomma, riporta ancora il Corriere, secondo la Corte «non è il comportamento degli adulti che deve essere valutato, così come non vengono richieste all’autorità giudiziaria valutazioni di tipo morale o sociologico, bensì compito del giudice è valutare, nel caso concreto all’esame, la condizione effettiva di un soggetto debole privo di diritti: anzitutto il diritto a vedere riconosciuto il proprio status di figlio di due genitori e il conseguente diritto del bambino alla bigenitorialità, sancito dalle norme nazionali e sovranazionali».
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