In Evidenza Legge di bilancioOpen ArmsTony Effe
POLITICACamera dei deputatiGiorgia MeloniGiuseppe ConteGoverno Conte IIMes

Scontro tra Conte e Meloni sul Mes, sciolto il giurì d’onore

giuseppe conte giorgia meloni
giuseppe conte giorgia meloni
Il leader del M5s ha chiesto di interrompere i lavori dopo che i due membri di opposizione si erano dimessi dall'organismo insediato alla Camera

La richiesta l’ha fatta ieri il leader del M5S Giuseppe Conte e dopo le dimissioni dei rappresentanti dell’opposizione, il destino dell’organismo era già praticamente segnato. Oggi, nel corso dell’assemblea della Camera, la presidente di turno Anna Ascani ha letto il comunicato in cui si spiega che il presidente della Camera Lorenzo Fontana “prende atto di tale istanza” (quella di Conte) e pertanto “il Giurì d’onore deve considerarsi sciolto”. Il caos è scoppiato ieri pomeriggio quando, arrivati alle battute finali di una relazione che avrebbe dovuto valutare se Giorgia Meloni ha mentito oppure no accusando Giuseppe Conte di aver fatto approvare l’accordo sulla riforma del Mes senza informare il parlamento, i componenti di opposizione hanno scelto di dimettersi. Stefano Vaccari (Pd) e Filiberto Zaratti (Avs), non si sono presentati alla riunione convocata per concludere la relazione con una lettera indirizzata al presidente della commissione, Giorgio Mulè, e a quello della Camera, Lorenzo Fontana. Quindi, è lo stesso Conte a scrivere a Fontana per dire che, “essendo stata compromessa l’imparzialità” si sciolga la Commissione. Le lettere di dimissioni dei due membri di opposizione sono entrambe molto dure (e c’è un unico precedente di dimissioni, nel 1950). Il Giurì, scrive Vaccari, dovrebbe “mantenere un profilo di terzietà”, e “invece – osserva – nella relazione che ci è stata sottoposta” da Mulè “sono prevalse motivazioni, ancorché significative, di ordine politico e interpretative che contrastano con la realtà dei fatti accertati e rendono evidente la volontà della maggioranza di avvalorare la versione accusatoria” di Meloni. Analogo il giudizio di Zaratti: “La ricostruzione documentale, l’unica che conta, non può essere oggetto di interpretazioni di parte”. “Se nella prima parte della relazione – osserva il deputato Avs – vi è una chiara ricostruzione dei fatti e dei documenti, che mostrano in modo inequivocabile la correttezza istituzionale e formale delle procedure parlamentari adottate” da Conte, “nella seconda parte si adducono motivazioni di ordine politico, finalizzate ad avvalorare le tesi accusatorie sostenute” da Meloni. “Dispiace constatare – sottolinea Zaratti – che la terzietà della Commissione d’indagine è così venuta meno”. Mulè si era detto “Sorpreso e amareggiato” dalla decisione di Vaccari e Zaratti ipotizzando che i lavori sarebbero andati comunque avanti. Fontana, invece, oggi ha scelto di chiudere i battenti.

Leggi anche:

Articoli di POLITICA più letti