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Geolier e le due Napoli: quando la poetica di «Gomorra» piace solo se permette i tour e non disturba gli affari

13 Febbraio 2024 - 16:02 Sara Menafra
Sul successo del rapper torna la sfida tra la Napoli alta e quella bassa, tra il San Carlo e le visite turistiche a Scampia. Ma quanto c'entra il giovane musicista?

Doveva essere il festival del quieto vivere, quello che teneva la politica lontanissima, eliminando i monologhi e le presenze troppo impegnate. In un gioco di specchi l’ultimo Sanremo firmato da Amadeus è diventato, invece, il più politico di tutti, toccando in cinque giorni (diciamo sei se ci mettiamo il caso Mara Venier) il conflitto a Gaza, i rapporti economici coi brand, l’immigrazione e i pregiudizi su chi solo nelle origini non è italiano, e facendo esplodere un rimosso di cui davvero da anni non si parlava: il conflitto mai superato tra Nord e Sud del paese, un Sud a cui guardare con condiscendenza quando chiede finanziamenti pubblici e non sempre li sa gestire, ma che infastidisce se prova ad entrare nelle stanze dei bottoni senza permesso. A prendersi tutto, «chill me capisc, chillat nun me capisc, a me nun me ne fott proprio», direbbe Geolier.

Il rap di Geolier, che Amadeus ha acchiappato con il solito fiuto per ciò che di nuovo si muove nella scena, ha generato diversi cortocircuiti: il fastidio per il voto del pubblico, specie se giovane o addirittura (scandalo!) capace di organizzarsi. E, ora, uno nuovo, più complesso, tra le due Napoli, che partendo dalle critiche della famiglia di Giogiò Cutolo (il giovane musicista ucciso lo scorso agosto nel corso di una rissa per futili motivi) al premio conferito dal sindaco Manfredi a Geolier, potrebbe essere traslato nel conflitto tra la Napoli del teatro San Carlo e quello della scena rap, la Napoli di Paolo Sorrentino e quella della fiction su Gomorra. Esiste ovviamente anche una terza Napoli, quella che la criminalità la vive e la porta nelle strade, a Scampia, Secondigliano (il quartiere di origine di Geolier) e non solo, una città con cui il giovane rapper ha avuto contatti, come ricostruiscono le cronache – e i social – che oltre a mostrare i tanti video in cui il musicista gioca con immagini e slogan da gangster, incluso un mitra dorato, sputano fuori anche una sua foto con Crescenzo Marino, indagato per associazione mafiosa e figlio di Gennaro Marino, in carcere al 41bis perché presunto ex capo degli Scissionisti a Secondigliano. Ha giocato con la cultura dei soldi prima di tutto, condannata dal procuratore di Napoli, Nicola Gratteri, ma da questo mondo, Geolier ha anche mostrato, almeno dalla partecipazione al funerale di Giogiò Cutolo, di voler prendere le distanze. Ha ripetuto di essere al servizio di Napoli e di essere pronto a «parlare» ai giovani, col loro linguaggio, contro la violenza. E’ sveglio, l’abbiamo capito, e sa anche lui che passa da qui la definitiva incoronazione in celebrità mainstream e non solo delle giovani periferie d’Italia. La prossima puntata è a breve: il rettore della Federico II, l’ha invitato a tenere una conferenza perché spera di riuscire a comunicare prima di tutto con i «40mila studenti esentati dal pagamento delle tasse, molti dei quali provengono da quartieri o comuni periferici», come ha detto a Fanpage.

Franco Cutolo, il padre di Giovanbattista Cutolo, il giovane musicista ucciso da un minorenne lo scorso 31 agosto. ANSA/CESARE ABBATE

Più vischiosa è invece la polemica che vede contrapporre cultura alta e bassa in una città che ha spesso scelto di giocare con le etichette che le venivano incollate addosso. Sui nuovi clan della Camorra ha costruito prima una narrazione (col libro e la sceneggiatura della fiction Gomorra da parte di Roberto Saviano) e quindi una linea di consumo che va dal giro in pulmino a Scampia al «vasciotour». Se ne può discutere, tenendo però conto che la cultura napoletana gioca con la narrazione della criminalità perlomeno da un secolo, se nella cronistoria vogliamo metterci perlomeno «svegliatevi guagliuni e’ malavita» (Guapparia l’ha cantata persino Massimo Ranieri) e, avanzando fino al 1960, Edoardo De Filippo col Sindaco di Rione sanità. Facendo eccezione per il padre di un giovane ammazzato in modo orribile neppure un anno fa, viene da pensare che chi imputa a Geolier la paternità di un fenomeno ben più ampio non voglia ammettere che il confronto fra alto e basso mischia e mette in discussione, allarga il controllo e, a ben vedere, divide la torta degli affari. Meglio restare divisi, Io p’ me, tu p’ te.

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