Amadeus contro l’ambasciatore d’Israele: «All’Ariston diffuso odio? No, solo appelli per la pace. Guai a chi tocca Sanremo»
Ora che è libero dalla veste ufficiale di conduttore e direttore artistico di Sanremo, incarico portato a termine sabato notte dopo cinque edizioni di grande successo, Amadeus torna sul caso politico più scottante dell’edizione appena conclusasi: gli appelli di varia forma e natura per la pace e/o contro il presunto «genocidio» in corso a Gaza dal palco dell’Ariston, e le conseguenti proteste di Israele e di alcune comunità ebraiche. Amadeus, semplicemente, non ci sta ad accettare la tesi – contenuta nella nota del day after di Sanremo dell’ambasciatore d’Israele in Italia – secondo cui questo Festival sarebbe stato «sfruttato per diffondere odio» contro lo Stato ebraico. «Rispetto le decisioni di tutti, ma non sono assolutamente d’accordo con questa affermazione, nella maniera più totale», replica ora lo showman ospite di Porta a Porta. Che difende a spada tratta ciò che è accaduto nell’ultima settimana sul palco del “suo” Ariston: «Il festival di Sanremo non ha mai promosso l’odio, ha sempre parlato di inclusione, di libertà: i cantanti che sono saliti sul palco hanno chiesto la fine della guerra, hanno chiesto la pace. Richiedere la pace vuol dire seminare odio?», chiede Amadeus: «Esattamente il contrario». Eppure tra tutte le testimonianze portate sul palco dagli artisti – primi fra tutti Ghali e Dargen D’Amico – non è forse mancata almeno una menzione anche delle vittime di parta israeliana dell’ultima tragica guerra, come ha notato l’ambasciatore Alon Bar? La domanda è sollevata ad Amadeus da Bruno Vespa: «Non è che avete dimenticato il massacro di 1.200 israeliani» lo scorso 7 ottobre? «Assolutamente no», replica l’ormai ex direttore artistico del Festival. «La guerra da qualsiasi parte è da condannare, non c’è guerra da un lato o dall’altro, c’è la guerra che va fermata, qualsiasi guerra al mondo va fermata. Mai mi sarei mai sognato di portare l’odio, e così anche i cantanti». Anzi, incalza Amadeus difendendo i “suoi” artisti a spada tratta: «Portiamo esattamente l’opposto. I ragazzi in gara fanno messaggi e appelli di pace, di libertà di idee, di pensiero, di uguaglianza di pelle, di valori. A Sanremo nella storia, e senza sembrare presuntuoso, in questi anni, c’è un grande senso di inclusione che va rispettato e mai cambiato, sennò torniamo indietro».
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