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Immigrazione, nel 2023 aumentano gli sbarchi (+67%) e calano le nascite. Il 70% degli studenti “stranieri” nato in Italia – Il rapporto

13 Febbraio 2024 - 08:54 Redazione
Sono 5 milioni e 775mila gli stranieri presenti in Italia al primo gennaio 2023, 55mila in meno rispetto alla stessa data del 2022: i dati dell'ultimo rapporto della Fondazione Ismu

Sono 5 milioni e 775mila gli stranieri presenti in Italia al primo gennaio 2023, 55mila in meno rispetto alla stessa data del 2022. Lo rivela il XXIX Rapporto sulle migrazioni 2023 della Fondazione ISMU. Gli sbarchi registrati sulle coste italiane nel 2023 hanno raggiunto volumi simili a quelli del periodo 2014-2017, ovvero gli anni della cosiddetta crisi dei rifugiati. Per citare qualche dato, tra il primo gennaio e il 31 dicembre dello scorso anno gli sbarchi sono aumentati del 67,1% rispetto allo stesso periodo del 2022 e del 133,6% al 2021. Ma a crescere sono anche i decessi nel Mar Mediterraneo centrale: da 1.417 a 2.498, pari a 9 e 13 ogni mille tentati attraversamenti. Dal 2014 sono decedute oltre 22mila persone, di cui 485 bambini. Sono aumentati i flussi dalla Tunisia (+200%), mentre sono diminuiti quelli della Libia (-2,4%). In crescita sono però anche gli arrivi via terra: nel 2022 alla frontiera con la Slovenia erano 13.500 (un aumento del 44% rispetto all’anno precedente). Nel 2023 gli ingressi tra gennaio e novembre sono stati oltre 11mila, prevalentemente da Pakistan, Afghanistan, Bangladesh. 

Cala il tasso di natalità degli stranieri

A calare è il tasso di natalità degli stranieri. Nonostante il ruolo dell’immigrazione nel mitigare i numeri del nostro «inverno demografico» rimanga determinante (tra il 2002 e il 2022 i nati stranieri sono passati da 34mila e 53mila, mentre gli italiani sono scesi da 505mila a 340mila), va rilevato che il loro contributo a supporto della bassa natalità tende sempre più ad attenuarsi. Le 53mila nascite nel 2022 sono 27mila in meno rispetto al massimo osservato nel 2012 (con 80mila nati). I tassi di natalità della popolazione straniera vanno infatti progressivamente convergendo verso quelli degli italiani: dai 23,5 nati per mille abitanti del 2004 (con oltre 14 punti di vantaggio sugli autoctoni) si è scesi nel 2022 a un più modesto 10,4 per mille (con solo circa 4 punti in più).

Quasi il 70% degli alunni “stranieri” è nato in Italia

Nonostante siano nati in Italia, come i loro compagni di banco, molti alunni vengono considerati stranieri poiché figli di genitori immigrati. Nelle classi italiane il 67,5% degli alunni con cittadinanza non italiana è nato (e cresciuto) in Italia: 588.986, quasi 12mila unità in più rispetto all’anno precedente. Più in generale, il 44% è di origine europea. Mentre oltre un quarto è di origine africana, circa il 20% asiatica, quasi l’8% dell’America Latina. La cittadinanza più numerosa è rappresentata dalla Romania con oltre 151mila studenti, seguono l’Albania (quasi 117mila studenti) e il Marocco (111mila). Oltre 27mila sono invece gli studenti ucraini accolti in Italia al 13 giugno 2022. 

La maggioranza degli studenti con cittadinanza non italiana si concentra nelle regioni settentrionali, a seguire nel Centro e nel Mezzogiorno. Ciò che rimane però problematico – stando ai dati del report – è il ritardo scolastico. Soprattutto nelle secondarie di secondo grado, dove quasi la metà degli studenti di origine immigrata è in ritardo di uno o più anni (48,4%). Altri due fenomeni che continuano a essere preoccupanti sono l’abbandono precoce degli studi e la lontananza dal sistema di istruzione/formazione/lavoro. Crescono, però, gli alunni che frequentano il liceo (32%). Seguono gli iscritti agli istituti tecnici, precedendo la quota dei non italiani negli istituti professionali (28,9%), che continua lentamente a scendere.

Record storico di assunzioni di personale immigrato

Dopo la battuta d’arresto della pandemia, il 2023 ha segnato il record storico di assunzioni di personale immigrato, oltre 1 milione, programmate dalle imprese italiane. Nel 2022 gli stranieri rappresentano il 10,8% delle forze di lavoro tra i 15 e i 64 anni, il 10,4% degli occupati e il 15,9% dei disoccupati. Il comparto con la più elevata incidenza di stranieri sul totale di occupati è quello dei servizi personali e collettivi (31,6%), seguito a distanza da agricoltura (17,7%), ristorazione e turismo (17,3%), costruzioni (15,6%). Persistono però delle criticità, che mostrano la necessità di una nuova governance dei processi migratori e di inclusione. Secondo il report, i livelli retributivi confermano un’immigrazione fortemente coinvolta nel fenomeno del cosiddetto «lavoro povero», a sua volta anticamera, per molti lavoratori stranieri e per le loro famiglie, della caduta in una condizione di povertà assoluta o relativa. 

Rispetto agli altri Paesi, l’Italia attrae una immigrazione poco istruita: la metà degli immigrati nati all’estero ha una bassa istruzione formale e solo il 12% ha una laurea, rispetto al 20% dei nativi. Ciò nondimeno, la quota di lavoratori stranieri laureati occupati in una professione low o medium skill è pari al 60,2% nel caso dei cittadini non Ue e al 42,5% nel caso degli Ue, a fronte del 19,3% stimato per gli italiani. Pesa il mancato riconoscimento dei titoli acquisiti all’estero: meno del 3% degli stranieri possiede un titolo estero riconosciuto in Italia. Ma ad incidere sono anche fattori legati alla cittadinanza – italiana per nascita, straniera o italiana per acquisizione – e al genere. Per esempio, il vantaggio di possedere la laurea, rispetto alla licenza media, è di circa 40 punti percentuali in termini di tasso di occupazione tra gli italiani dalla nascita, quasi si dimezza tra i naturalizzati e scende sotto i 9 punti tra gli stranieri. Tra le donne, possedere una laurea migliora il tasso di occupazione di ben 51 punti tra le autoctone, di 29 punti tra le naturalizzate e di soli 17 punti tra le straniere. Per chi ha al massimo la licenza media, il tasso di occupazione degli stranieri è invece superiore a quello degli autoctoni e dei naturalizzati.

Aumentano i residenti, diminuiscono gli irregolari

Se da una parte aumenta la popolazione residente in Italia (+110mila), dall’altra diminuisce la componente irregolare: 458mila unità, contro le 506mila dell’anno precedente. Ciò è dovuto alle regolarizzazioni attuate un anno fa e a completamento delle procedure di «emersione 2020», si legge. Il report evidenzia inoltre una diminuzione dei migranti regolari non residenti, ovvero stranieri presenti sul territorio italiano in possesso di un valido titolo di soggiorno, ma non inclusi (o perlomeno non ancora) tra i registrati all’anagrafe. Il loro numero è sceso da 293mila a 176mila (-117mila unità). 

Gran parte degli stranieri proviene da Paesi terzi. Tra quelli regolarmente presenti in Italia, la cosiddetta componente extra-Ue è di circa tre quarti del totale. Il 40% proviene da Ucraina, Marocco, Albania e Cina. Alla fine del 2022 gli ucraini accolti in Italia a seguito dell’invasione russa erano circa 146mila sotto protezione temporanea, di cui quasi 54mila minori. La pressione migratoria si è affievolita dall’inizio del 2023: 350 nuovi permessi al mese, a fronte di 67mila rilasciati tra il 2 marzo e il 30 aprile 2022 e ulteriori 27mila permessi tra maggio e luglio. Ad aumentare è però il numero degli stranieri che hanno acquisito la cittadinanza: 214mila, contro gli oltre 121mila del 2022 (in particolare marocchini, albanese e ucraini). 

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