Beppe Sala e il governo che trascura Milano: «Meloni dovrebbe venire qui, i ministri sono assenti»
Beppe Sala dice che Milano «sta meglio» rispetto a 20 anni fa. Ma il governo, secondo lui, è assente. Mentre il Partito Democratico deve puntare a vincere le elezioni senza pensare alle alleanze. Poi fa sapere che alla fine del suo mandato sarà «stanco». Ma anche che è un uomo più felice ora rispetto a quando faceva il manager. Su Milano «ci sono i problemi comuni alle grandi città come il caro affitti, la sicurezza, la stessa qualità dell’aria. Il mio rammarico è che le analisi non sono quasi mai tecniche ma ideologiche. Prendiamo l’aria: dal 2000 il Pm si è ridotto del 50 per cento. È sufficiente? Certo che no, ma un miglioramento c’è stato», spiega in un’intervista al Corriere della Sera firmata da Maurizio Giannattasio.
L’autonomia differenziata
Non gli piace invece l’autonomia differenziata «perché non considera le grandi città. Penso sia una follia il rischio di avere venti politiche energetiche diverse. Il tema dell’autonomia sta portando incredibilmente tante regioni a differenziarsi su questioni fondamentali. Rispetto l’amico Bonaccini che sul fine vita dice “lo regolamento io perché non lo fa lo Stato”. Ma è pensabile che in 20 regioni ci siano 20 diverse leggi sul fine vita? Io sono a favore di una regolamentazione e ritengo che siano molti i casi in cui è lecito togliersi la vita, ma è pensabile che se un milanese sente questo bisogno debba prendere la residenza in Piemonte perché magari lì è permesso e in Lombardia è vietato?». Sulle trascrizioni per le coppie omogenitoriali «serve una regolamentazione. Ricordo che una volta a Palazzo Chigi incontrai Giorgia Meloni particolarmente alterata perché ero stato a Bruxelles a difendere le trascrizioni. “Capisco — mi ha detto — ma perché non ne hai parlato con me?”. Perché le cose non si stanno muovendo è stata la mia risposta».
I rapporti con Meloni
I rapporti con il governo Meloni, fa sapere Sala, «non possono che essere critici su alcune cose. Posso dire che le dita di una mano sono troppe per contare i ministri che sono venuti qui. È un governo assente dal territorio. La premier idem. Le ho chiesto più volte di venire a Milano perché è la città dove le cose accadono e dove i problemi si evidenziano, ma anche il luogo dove si sviluppa l’energia imprenditoriale, culturale e creativa». I ministri, invece, sono assenti. Mentre nel Pd «non va soprattutto la scarsa voglia di vincere che alberga all’interno del partito. C’è la volontà di rimanere su un terreno di conferma dei valori del proprio elettorato vero o presunto. Ci si prende pochi rischi. Però se ti assumi pochi rischi rimani al 20 per cento. L’Italia ha bisogno di un Pd forte. Vorrei vedere più aggressività nella volontà di vittoria».
Il terzo mandato
Riflette anche sul possibile terzo mandato per i sindaci: «Per fare questo lavoro ci vuole un’energia psicofisica non indifferente. Dopo 11 anni da sindaco e 5 di Expo immagino che sarò abbastanza stanco. Poi tutto può essere, ma ormai nella vita ho fatto molto di più di quello che avrei potuto fare. Se però penso ai dossier che ho sul tavolo, da San Siro, al rinnovo dei vertici della Scala, al contratto della polizia locale, confesso che dormo male. So anche che nei momenti difficili divento più pugnace. È un lavoro veramente faticoso ma non mi sono mai pentito di aver fatto questa scelta. Sono un uomo più felice ora di quando facevo il manager». La chiusura è sulla Milano del futuro: «È una città che lavora sulla creatività e l’innovazione, facendo tesoro di tutto quello che ha. Questa è la parte buona. Poi bisogna tenere conto della sensibilità dei cittadini, dall’ambiente alla sicurezza che è un diritto. C’è molto da lavorare. A partire dal costo degli affitti. Ma non è vero che la gente scappa da Milano, è vero il contrario».