Israele, le truppe nell’ospedale di Khan Yunis, nuovi raid in Libano. Gli Usa pronti a lanciare un piano di pace. Netanyahu: «Non è il momento»
L’esercito israeliano sta conducendo da questa mattina una operazione militare all’interno dell’ospedale Nasser. «Ci sono informazioni credibili che nell’ospedale Nasser a Khan Yunis Hamas abbia tenuto ostaggi israeliani e che ci possano essere i corpi di nostri rapiti nella struttura dell’ospedale», ha riferito il portavoce dell’esercito Daniel Hagari. «Come è stato dimostrato all’ospedale Shifa, al Rantisi, all’Amal e in molti altri, Hamas – ha aggiunto – usa sistematicamente gli ospedali come centri del terrore». Per l’Idf l’obiettivo «della precisa e limitata operazione è raggiungere i terroristi operativi di Hamas, inclusi quelli sospettati di essere coinvolti nel massacro del 7 ottobre». E in aggiunta, è stato «contattato il direttore dell’ospedale, con la richiesta dell’immediata fine delle attività dei terroristi di Hamas dall’interno del nosocomio e la loro immediata evacuazione dalla struttura». Secondo Medici Senza Frontiere dopo l’ingresso delle truppe israeliane nell’ospedale è il caso, con un numero imprecisato di morti e feriti. «Il personale medico di Msf è stato costretto ad abbandonare l’ospedale, e soprattutto i pazienti al suo interno – denuncia l’organizzazione – Le forze israeliane hanno istituito un posto di blocco per controllare l’uscita dal complesso ospedaliero e un membro dello staff di Msf è stato trattenuto e risulta tuttora irreperibile».
Alta tensione con Hezbollah
Nel contempo continua a essere tesissima la situazione anche sul fronte nord, quello tra Israele e Libano. Dopo l’attacco di Hezbollah di ieri che ha provocato la morte di una soldatessa israeliana e gli intensi raid in risposta dell’aviazione israeliana, oggi l’Idf è tornata a colpire nel sud del Libano. Il bilancio delle vittime dei raid di ieri sulla cittadina di Nabatiye è di almeno 13 morti. Tra questi ci sarebbero anche un comandante di Hezbollah – Ali Muhammad al-Dabs -, il suo vice e un terzo operativo del movimento sciita. Ma anche molti civili, inclusi donne e bambini, secondo fonti locali. Gli Hezbollah, dal canto loro, hanno rivendicato due attacchi con razzi contro altrettante caserme militari israeliane lungo la linea di demarcazione tra i due paesi. Si tratta di Shtula e quella di Har Dov, sulle Fattorie di Shebaa contese tra Siria, Libano e Israele. Insieme alla tensione militare, sale di nuovo alle stelle anche quella verbale: «All’escalation di Israele rispondiamo con l’escalation: se costringono i nostri civili ad abbandonare le case, costringiamo i loro civili a lasciare le loro case, se distruggono le nostre case, distruggiamo le loro case», ha detto un alto rappresentante di Hezbollah, commentando il “massacro di civili” compiuto a Nabatiye. «Hezbollah ha intensificato di mezzo clic, noi abbiamo intensificato di un passo intero», è la versione invece del ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant, che ha ricordato che «possiamo attaccare non solo 20 chilometri all’interno del Libano ma anche 50. A Beirut e altrove». Anche se, ha precisato Gallant, Israele «non vuole una guerra ma se è forzato prenderà i provvedimenti necessari a consentire ai civili di ritornare alle loro case al nord.
Il piano di pace Usa-Paesi arabi e la reazione di Israele
La Casa Bianca non intende però rassegnarsi alla prosecuzione a tempo indefinito della guerra. Con le trattative per un tregua al Cairo al palo – dopo lo stop del premier Netanyahu alla sua delegazione – l’amministrazione Biden sta lavorando al contempo insieme a diversi Paesi arabi ad un piano perfino più ambizioso: un’iniziativa diplomatica che porti alla soluzione dei due Stati per risolvere il conflitto decennale. Lo hanno confermato fonti israeliane a Haaretz, dopo l’indiscrezione pubblicata dal Washington Post: il piano prevedrebbe una timeline precisa e di lungo periodo che porti alla nascita di uno Stato palestinese accanto a quello ebraico e potrebbe essere presentato ufficialmente nelle prossime settimane. Neppure il tempo di registrare la nuova iniziativa a guida Usa, però, ed è già arrivata la reazione del governo israeliano: «Non è il momento di parlare di regali al popolo palestinese», ha detto alla Cnn un portavoce dell’ufficio di Netanyahu. «Qui in Israele siamo ancora nel post-massacro del 7 ottobre. Ora è il momento della vittoria, della vittoria totale su Hamas. Qualsiasi discussione sul giorno dopo Hamas avverrà il giorno dopo Hamas».
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