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Frode, violenza sessuale, cospirazione: tutti i processi di Trump che hanno svuotato le casse della campagna

17 Febbraio 2024 - 14:49 Alessandra Mancini
L'ex presidente potrebbe esaurire tutti i fondi entro luglio di quest’anno, proprio mentre la corsa elettorale avrà bisogno del supporto finanziario per la probabile sfida contro l’incumbent Joe Biden. Processi permettendo

«Close your ears, and give us your money». L’appello del team di Donald Trump ai donatori della campagna presidenziale 2024 è esplicito: nonostante i dubbi sull’eleggibilità dell’ex presidente, malgrado quasi tutte (se non tutte) le donazioni finiranno per rimpinguare le casse destinate alle spese legali, «tappate le orecchie e dateci i vostri soldi». Il dato di fatto è che Trump è a corto di fondi. I due Pac (Political Action Committee) «Save America» e «Make America Great Again» hanno utilizzato più di 50 milioni di dollari in spese legali. Secondo il New York Times, l’ex Tycoon prosciugherà le sue casse entro luglio di quest’anno, mentre la sua corsa avrà bisogno di tutto il supporto finanziario per la probabile sfida contro l’incumbent Joe Biden. Stando ai documenti elettorali federali «Save America» ha speso 24,3 milioni di dollari in «consulenza legali» negli ultimi sei mesi. Dalla cassaforte di «Make America Great Again» sono usciti, invece, oltre 2 milioni. Per un totale di 27 milioni soltanto negli ultimi sei mesi. La cifra include, scrive Nbc news, i pagamenti ai suoi costosi legali: da John Lauro per aver tramato il ribaltamento del voto nel 2020 a Tod Blanche nel processo, fissato per il 25 marzo, sul caso Stormy Daniels, fino ad Alina Habba, l’avvocata dell’ex Tycoon per l’accusa di diffamazione avanzata dall’attrice Jean Carroll. Se da un lato le cause legali di Trump hanno rappresentato un grosso ostacolo finanziario in termini di uscite, dall’altro hanno sollecitato un’importante spinta alla raccolta fondi per le presidenziali 2024. Secondo un report presentato mercoledì da WinRed, la piattaforma di raccolta fondi online del Gop, l’ex presidente ha messo assieme 4,2 milioni di dollari in un solo giorno, ovvero il 25 agosto, quando è stata diffusa la sua foto segnaletica nella prigione di Fulton County. Eppure, stando ai dati di Open Secrets, a Trump gli avanzerebbero meno di 800 mila dollari contro i 73 milioni a disposizione di Biden. Frode, soldi sporchi, rovesciamento elettorale: l’ex presidente deve affrontare 91 capi d’imputazione, 4 procedimenti penali, in 4 stati diversi. Let’s rewind the tape.

La condanna per frode nel processo civile a New York

L’arringa finale del processo per frode contro la Trump Organization

355 milioni di dollari più il divieto per tre anni di fare affari nello Stato di New York. Il giudice Arthur Engoron, che aveva già accertato i «comportamenti fraudolenti», ha condannato ieri Trump al pagamento dell’ingente somma nel processo civile per aver gonfiato gli asset della holding di famiglia allo scopo di ottenere condizioni più vantaggiose da banche e assicurazioni. L’ex presidente è stato inoltre bandito per tre anni dalla guida di qualsiasi attività imprenditoriale nello Stato, uno in più dei due figli co-imputati Donald Jr. ed Eric, che dovranno saldare una sanzione di 4 milioni di dollari ciascuno. Mentre un ispettore esterno dovrà supervisionare tutte le attività della Trump Organization, che viene così, per certi versi, commissariata. Nell’autunno del 2022 la procuratrice generale (dem) di New York, Letitia James, aveva accusato i tre di aver gonfiato il valore delle proprietà. Le dichiarazioni dell’ex presidente, stando alla denuncia di 220 pagine depositata da James, sarebbero state «piene di bugie e di valutazioni esasperate» sulle proprietà di Mar-a-Lago in Florida, l’attico della Trump Tower a Manhattan fino ai vari edifici e campi da golf dell’ex Tycoon. «Questo verdetto è una palese ingiustizia, New York non è più open for business», ha commentato uno dei suoi avvocati preannunciando appello contro quelli che ha definito «errori catastrofici». Si tratta della terza condanna in sede civile per Trump, dopo i due processi per diffamazione e violenza sessuale contro la scrittrice E. Jean Carroll.

La condanna per diffamazione e violenza sessuale a Manhattan

La scrittrice Jean Carroll a New York

L’ex presidente dovrà risarcire la scrittrice E. Jean Carroll con 83,3 milioni di dollari (18,3 milioni di danni compensatori per lo stress emotivo, 65 di danni punitivi) per averla diffamata, negando nel 2019 – quando era alla Casa Bianca – un’aggressione sessuale di circa 30 anni fa in un grande magazzino di New York. Si tratta della seconda condanna civile (con quella di ieri la terza) dopo quella del maggio scorso, quando l’ex Tycoon fu riconosciuto responsabile della stessa violenza, oltre che di diffamazione, e costretto a pagare 5 milioni di dollari all’opinionista di Elle. Un totale, quindi, di 90 milioni di dollari che – sommati alla sanzione degli asset di ieri – arriva a quasi mezzo miliardo, escluse le spese legali. 

Il «Caso del silenzio» a Manhattan

L’attrice di film porno Stormy Daniels

Nel marzo del 2023 il procuratore distrettuale progressista di Manhattan Alvin Bragg (primo afroamericano a ricoprire la carica) ha accusato Trump di aver falsificato documenti aziendali allo scopo di comprare il silenzio dell’attrice di film porno Stormy Daniels e di una modella della rivista Playboy con le quali avrebbe avuto relazioni extraconiugali durante la campagna elettorale del 2016. Con l’incriminazione decisa a fine marzo da un tribunale di Manhattan, Trump è diventato il primo ex presidente degli Stati Uniti a essere sottoposto a un procedimento penale. Il “caso-Daniels” è legato al presunto pagamento di 130mila dollari alla pornostar, che l’ex Tycoon avrebbe fatto circa 8 anni fa tramite il suo ex avvocato Michael Cohen – che anticipò i soldi di tasca propria – per convincerla a non divulgare un rapporto sessuale avuto con lui dieci anni prima. I pagamenti furono registrati come «spese aziendali». L’inizio del processo è fissato per il 25 marzo 2024.

Le carte segrete di Mar-a-Lago

Villa di Trump a Mar-a-Lago Florida

Trump è diventato il primo ex presidente nella storia degli Stati Uniti ad essere incriminato anche per reati federali (il “caso-Daniels” è un procedimento statale). L’ex presidente, al termine del suo mandato, ha infatti sottratto documenti riservati e coperti da vincolo di segretezza dalla Casa Bianca. Nella sua villa a Mar-a-Lago, in Florida, l’Fbi ha trovato oltre 300 carte segrete, relative anche alla difesa militare di altri Paesi. I capi d’accusa notificati dal giudice Jonathan Goodman, su iniziativa del procuratore speciale Jack Smith, riguardano la sottrazione di documenti top secret, il complotto per nasconderli e la mancata riconsegna. L’accusa si fonda sulla violazione del Presidential Records Act, una legge che impone ai presidenti statunitensi di consegnare ai National Archives tutte le carte prodotte dalla propria amministrazione. Il processo è fissato per il 20 maggio 2024, sei mesi prima delle elezioni presidenziali. A novembre la giudice Aileen Cannon, che più volte si è pronunciata a favore di Trump, ha respinto la richiesta dei legali dell’ex presidente di posticiparne la data.

Il rovesciamento del risultato elettorale in Georgia

La procuratrice distrettuale Fani Willis

Trump è accusato di aver tentato di sovvertire i risultati ufficiali delle presidenziali in Georgia nel 2020, quando nello Stato del Sudest degli Usa vinse Biden con il 49,5%, contro il 49,2% dei voti ottenuti dall’ex presidente. Assieme a lui sono stati incriminati 18 suoi collaboratori, tra cui Rudy Giuliani, ex legale ed ex sindaco di New York, e Mark Meadows, ex capo dello staff della Casa Bianca durante il suo mandato presidenziale. Molti di loro, tra cui Kenneth Chesebro, Sidney Powell e Jenna Ellis, hanno patteggiato in autunno. Si tratta di un caso enorme per un procuratore locale, anche in una contea grande come quella di Fulton. La procuratrice distrettuale Fani Willis ha dalla sua prove “solide” come una telefonata in cui Trump chiede al segretario di Stato della Georgia, Brad Raffensperger, di «trovare circa 11mila voti». Eppure, Willis si troverebbe ora sotto “accusa” negli Stati Uniti a causa di una relazione sentimentale, conclusa nel 2023, con il procuratore speciale Nathan Wade da lei scelto come collaboratore nel caso.

Il rovesciamento del risultato elettorale: il Dipartimento di giustizia

Proteste all’esterno del Campidoglio degli Stati Uniti

Cospirazione per frodare gli Stati Uniti, associazione a delinquere per ostacolare un procedimento ufficiale, tentativo di ostacolare un procedimento ufficiale e cospirazione contro i diritti. Quattro i capi d’accusa, mossi ancora una volta dal procuratore federale Jack Smith definito «folle» da Trump, relativi al tentato rovesciamento dei risultati elettorali del 2020, che poi avrebbero portato all’assalto al Congresso del gennaio 2021, una delle pagine più buie della storia americana. Le sue «affermazioni false, che sapeva essere false hanno incoraggiato l’assalto senza precedenti» a Capitol Hill, aveva detto Smith poco dopo che gli atti del gran giurì sono stati resi noti al pubblico. L’inizio del dibattimento – al quale Trump si presenterà senza immunità – era stato fissato per il 4 marzo, ma è stato aggiornato a data da destinarsi. 

E poi..

Manifestazione contro Trump

In più di 30 Stati Usa sono state intentate cause per stabilire se Trump debba essere escluso dal voto del 2024 per le sue responsabilità nell’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021. Le accuse a carico dell’ex presidente si fondano sulla Section 3 del 14esimo emendamento della Costituzione che estromette dalle cariche pubbliche i funzionari coinvolti in «insurrezioni o rivolte» contro la Costituzione americana dopo aver prestato giuramento. Dopo l’esclusione dalle primarie di partito del Maine e Colorado per il suo ruolo nell’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021, Trump – forte dei sondaggi che lo indicano come netto favorito del Grand Old Party – ha presentato ricorso a inizio gennaio. Dieci giorni prima, la Corte Suprema del Colorado ha escluso l’ex presidente dalle primarie repubblicane nello Stato. Per ribaltarla, l’ex Tycoon dovrà rivolgersi alla Corte Suprema federale. I giudici non hanno indicato quando emetteranno una sentenza, ma è probabile che il pronunciamento arrivi in tempo per il Super Tuesday del 5 marzo, quando 15 Stati (e un territorio), voteranno per le primarie. I nove giudici della Suprema Corte, di fatto quelli che contano più di altri (sei conservatori, tre liberali), sono apparsi molto scettici nei confronti delle argomentazioni a favore dell’ineleggibilità dell’ex presidente durante l’udienza dell’8 febbraio.

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