Le ultime ore di Navalny prima di morire: la «passeggiata» a -40 gradi, le telecamere rotte e il corpo nascosto
Fino a due giorni prima di morire, Alexei Navalny li ha trascorsi in una cella di massimo isolamento del carcere di Kharp, oltre il circolo polare artico. L’Ik3 è l’istituto penitenziario russo più a Nord, ricostruito nel 1961 sulle rovine di un gulag di Stalin. Viene chiamato «Lupo polare», intorno solo tundra ghiacciata da un lato e gli Urali dell’Artico dall’altra. Nella vicina città di Kharp ci sono quasi solo famiglie di dipendenti del carcere, tra guardie e impiegati. Nella cella di massimo isolamento Navalny era finito per la ventisettesima volta da quando è stato arrestato, secondo il conteggio dei suoi collaboratori citato dal Messaggero. Il dissidente russo aveva passato 295 giorni in punizione, su 1126 passati in carcere. Lo scorso dicembre, lo stesso Navalny aveva fatto dei cenni a quel loculo ghiacciato e umido che in inverno non ha mai luce: «Quando guardo dalla finestra è notte – aveva scritto sui social quando ha fatto sapere di essere stato trasferito – poi sera, poi di nuovo notte». Lo scorso 14 febbraio è tornato in cella, dopo 15 giorni di isolamento.
Le telecamere fuori uso
Fino al giorno prima, Navalny veniva descritto in buona salute. Il giorno dopo, il 16 febbraio, secondo le autorità russe sarebbe stato colpito da «sindrome da morte improvvisa». Ai suoi collaboratori, ricorda il Corriere della Sera, aveva raccontato che l’ora d’aria gli veniva concessa alle 6.30 del mattino, cioè il momento più gelido della giornata a Kharp. La versione ufficiale indica invece le 13 come l’ora del malore, avvenuto «durante la passeggiata» nel minuscolo cortile di 12 metri quadri a -40, con addosso al massimo un cappotto. Un detenuto ha confidato a Novaya Gazeta che già nella notte tra il 15 e il 16 febbraio nel carcere c’era un certo via vai. Come se fosse successo qualcosa di grave, con i detenuti riportati tutti nelle loro celle. Difficile che emergano altri dettagli, visto che anche le telecamere di sorveglianza da giorni pare fossero fuori uso.
L’avvelenamento
C’è anche l’ipotesi avanzata da più parti dell’avvelenamento, come già accaduto ad altri dissidenti politici e nemici giurati di Vladimir Putin. Lo ribadisce anche il sito di opposizione, Sota, secondo cui da almeno quattro mesi Navalny era vittima di un lento avvelenamento. Un’eventuale conferma pare al momento improbabile, visto che a svolgere l’autopsia saranno esclusivamente operatori sotto gli ordini del Cremlino. E il corpo di Navalny non sarà restituito alla famiglia fino alla fine delle indagini, come hanno ribadito le autorità russe. Sempre che venga mai consegnato.
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