La favola pop di Benson Boone: dal no ad «American Idol» alla vetta della chart Spotify
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Un mese esatto per raggiungere la vetta della classifica dei brani più ascoltati nel mondo su Spotify, la canzone si intitola Beautiful Things e lui si chiama Benson Boone. Considerata l’era musicale che viviamo la sua è una storia che valica i confini dell’ordinario: 21 anni, ragazzo di indiscusso fascino, polistrumentista, svaria agilmente tra pianoforte, chitarra e batteria, idee chiare fin dai tempi del liceo, non un passato remoto, quando decide di concentrarsi sulla musica, pubblica le sue prime composizioni su TikTok, che è la nuova casa social del settore, e i suoi numeri cominciano ad impennarsi. Poi il ghiribizzo del talent, che ormai è diventata, anche negli Usa, una delle autentiche opzioni per farsi notare nella giungla discografica. Lo show è American Idol, visto che da quelle parti X Factor altro non è che un lontano ricordo, e il giovane Benson passerebbe anche le prime selezioni solo che all’improvviso decide di interrompere quel percorso, lo trova troppo plastificato per lui, troppo poco sincero per risultare efficace: è evidente che certa musica abbia bisogno di un’intimità che la tv fisiologicamente non potrà mai concedere. Il suo talento è cristallino, la sua musica, pur essendo un pop/rock melodico che nelle caratteristiche tecniche, strutturali, è del tutto ordinario, in qualche modo brilla; brilla come brilla la musica delle grandi stelle del cantautorato, quelle che prendono strade per arrivare a meta che gli altri nemmeno vedono. Ci viene in mente Alexander Stewart ma meno pop, David Kushner ma meno cupo, Jamie Miller ma meno morbido, Elijah Wood ma meno adolescenziale; e ci viene in mente anche lui, il principe del pop mondiale di quest’era musicale, Ed Sheeran, il primo, quello cui canzoni bruciavano dall’urgenza di arrivare. Caratteristica che non è sfuggita a Dan Reynolds, voce e penna degli Imagine Dragons, che lo fa firmare per la sua Night Street, etichetta satellite della Warner Records. Ed è così che la storia comincia. Una storia che potrebbe essere la favola discografica di questo tempo, di questa nuova generazione, che procede solo con la forza di una musica che, a differenza di quella che va per la maggiore oggi, non aggredisce, non arriva addosso come una valanga ma è anzi, ricercata.
Una storia che ha ancora pochi capitoli, giusto due EP, Walk Me Home… e Pulse, giusto per tastare il terreno (che si è rivelato particolarmente fertile), giusto per piazzare subito due hit dall’esorbitante numero di stream come Ghost Town (326 milioni di click) e In The Stars (quasi 590 milioni di click) – scalzando via dal primo posto addirittura Taylor Swift – e un primo tour che dopo aver esplorato ogni angolo degli Stati Uniti volgerà lo sguardo verso l’Europa, toccando tutti i più importanti punti cardinali (tutti tranne l’Italia), e poi verso l’Australia. Una storia insomma da seguire attentamente, una storia fatta di fortuna, come tutte le belle storie, e anche di scelte, oneste, pulite, capire la propria musica per collocarla dove può esprimersi, che sia di nicchia o destinata, come quella di Benson Boone, a conquistare il mondo.
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