Roma, si può truffare per entrare nella Ztl. Assolta una donna che aveva nascosto la targa per entrare in centro
Chi vive in una grande città e va di fretta, sa quanto può essere seccante vedere il proprio itinerario intralciato da una Ztl. La zona a traffico limitato obbliga infatti a rivedere il proprio tragitto. O almeno, dovrebbe: sempre che l’intenzione sia quella di rispettare il divieto e non di eluderlo con astuti stratagemmi. Come quello escogitato da una quarantenne romana che, munita di nastro adesivo nero, ha provato a modificare artigianalmente la targa della sua vettura per evitare le sanzioni. I fatti risalgono al dicembre del 2017. Quando sotto gli occhi di due poliziotti, nel centro della capitale, è sfrecciato un veicolo bianco che aveva qualcosa di anomalo: la targa presentava infatti solo 5 caratteri invece che 7. Sembrava insomma che qualche lettera mancasse all’appello: così le forze dell’ordine hanno fermato la conducente per chiederle i documenti di guida. La donna ha diligentemente fornito la sua patente. Esitava però a mostrare la carta di circolazione del veicolo. Vinte le sue resistenze, gli agenti hanno potuto constatare l’effettiva alterazione della targa. Ma la donna non si è arresa: mentre i poliziotti erano impegnati nei controlli, è corsa dietro la macchina provando a togliere di mezzo il corpo del reato. È stata sorpresa mentre cercava di staccare il secondo pezzo di nastro adesivo, dopo aver fatto sparire il primo. «Non capisco quale sia il problema, io non vedo niente sulla targa», ha affermato candidamente ai due poliziotti. Pantomima che non le ha impedito di venir citata davanti al tribunale di Roma. Non era sola: con lei c’era suo padre che è stato ascoltato in qualità di teste. E ha fornito la sua versione dei fatti: «Mia figlia stava venendo da me in negozio per portarmi alcune cose, coni e coppette che non potevano arrivare dai fornitori. Quando è arrivata abbiamo notato che la targa penzolava: le ho consigliato di incollarla con del nastro adesivo nero cosicché poi potesse correre subito a ripararla». Il pm Gianluca Mazzei non deve aver creduto a cotanta premura paterna, dal momento che ha chiesto per l’imputata una condanna a 4 mesi. Il giudice ha comunque deciso di optare per l’assoluzione.
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