Rapita dal padre e portata in Tunisia, Sarah torna in Sicilia con un barcone. Ora rischia l’espulsione
Nelle classi d’Italia circa il 70% degli alunni con cittadinanza non italiana è nato nel nostro Paese. Bambini e bambine che crescono assieme ai loro coetanei, per la legge considerati stranieri. Italiani di fatto, ma non per il diritto. Tra questi c’è anche Sarah (di cui ometto il cognome per tutela), figlia di immigrati tunisini, nata in Sicilia nel 2003. I suoi genitori decidono di trasferirsi, con regolare documentazione, a Catania nel 2002. Otto anni dopo il padre della giovane «a causa di continui litigi con la moglie», si legge negli atti visionati da Open, lascia l’isola e torna definitivamente a Tunisi «portando arbitrariamente con sé la figlia». L’uomo con l’inganno preleva la bambina «per passare un po’ di tempo assieme e riportarla alla madre in serata». All’ora stabilita non si presenta però a casa; l’ex moglie lo contatta al cellulare e la bambina le riferisce di trovarsi su una barca. A nulla sono servite le denunce, le querele sporte nei confronti dell’ex marito per il reato di «sottrazione di persone incapaci» e per le minacce ricevute qualora la donna non fosse tornata insieme a lui. Non avendo ottenuto il consenso di quest’ultimo, la madre non è infatti riuscita a riportare sua figlia a Catania. «Temo per Sarah», sottolinea. Anche perché la giovane è sprovvista di passaporto ed è seguita dal punto di vista sanitario: ogni mattina deve assumere una pillola per regolare le piastrine, spiega la madre.
Il viaggio nel Mediterraneo
Nel 2021 Sarah raggiunge la maggiore età, che gli consente (almeno sulla carta) di prendere decisioni autonomamente. Ignara dei pericoli, prende un barcone e insieme a un gruppo di migranti raggiunge in 14 ore le coste siciliane il 19 agosto 2023. Vuole tornare a Catania, in quella che definisce «la sua casa», nella città di sua madre e dei suoi fratelli. Sei giorni dopo viene condotta a Trapani dove il questore le notifica un decreto di respingimento e l’ordine di lasciare la Sicilia. Sarah non ha la cittadinanza italiana quindi è considerata per la legge una straniera entrata illegalmente nel territorio. «Tutte le richieste di visto venivano inspiegabilmente rifiutate e dunque alla giovane non rimaneva altra via se non quella di riuscire a prendere un gommone affollato e rischiare la propria vita in mare pur di arrivare a Catania e ricongiungersi coi suoi famigliari», spiega a Open il suo avvocato, Giuseppe Lipera.
Il calvario burocratico
Il legale impugna il provvedimento di espatrio davanti al giudice di pace di Catania. Quest’ultimo emette l’ordinanza con la quale si limita a dichiarare la propria incompetenza territoriale. Per l’avvocato la decisione del magistrato «è ingiusta e frutto di un’errata applicazione di norme perché viola i principi generali del nostro ordinamento», sottolinea la difesa. «È una casualità il fatto che la giovane sia stata condotta a Trapani dalle forze di polizia e poi lì rilasciata. Se fosse stata condotta a Roma questa giovane ragazza avrebbe dovuto impugnare a Roma?», si chiede l’avvocato. La decisione del giudice è stata impugnata dalla stessa difesa davanti alla prima sezione civile del Tribunale di Catania. Sarah è nata a Catania, lì è la sua vita. Ha lasciato la sua famiglia «soltanto perché è stata rapita dal padre», spiega Lipera. Non solo: la madre della giovane, al fine di ottenere il visto o il permesso di soggiorno per la figlia, fornisce tutta la documentazione alle autorità competenti dimostrando di riuscire a prendersi cura della figlia (dall’alloggio idoneo all’assicurazione finanziaria, fino al mantenimento anche a distanza).
La prima udienza, lunedì 19 febbraio
Nella prima udienza, lunedì 19 febbraio, il giudice Rosario Maria Cutri rinvia la decisione sulla vicenda. L’Avvocatura dello Stato, per conto della questura di Trapani che ha emesso il provvedimento di espulsione nei confronti di Sarah, ne ha chiesto la conferma. Il legale Lipera contesta invece il decreto, sollecitandone l’annullamento e mostrando in aula le foto della giovane intenta a giocare con i tre fratelli e la mamma, in casa e al mare in Sicilia. «La fattispecie concreta in cui si trova Sarah – ribadisce l’avvocato – non è disciplinata da alcuna norma, perciò va risolta col buon senso». Il penalista presenta inoltre una querela per diffamazione nei confronti del rappresentante dell’Avvocatura dello Stato contestandogli la frase che «è bene, però, subito fugare ogni dubbio in relazione alle farneticanti elucubrazioni (discorso privo di senso, assurdo, delirante, ndr)- dal valore più politico che giuridico – sulla cittadinanza della ragazza» che il legale ritiene «assolutamente offensiva della mia reputazione personale e professionale, oltre che essere errata, inappropriata e superflua, stante che, nel gioco delle parti, ognuno può esprimere il proprio dissenso, ma offendere l’Avvocato avversario non è accettabile, né possibile», spiega.
«È necessario riaprire il dibattito sullo Ius Soli»
La storia di Sarah riapre il dibattito attorno al macro-tema della cittadinanza. In Italia viene rilasciata tramite il principio dello Ius sanguinis, una legge vecchia trent’anni basata sulla «discendenza o filiazione». Da anni si attende una riforma sostanziale e, ciclicamente, la materia viene riportata sul tavolo del legislatore. Ius soli, ius scholae, ius culturae sono tra le diverse proposte di legge presentate in Parlamento. L’iter legislativo non ha mai portato a una riforma. Eppure, la realtà rispetto al 1992 è profondamente cambiata. Per il legale è dunque necessario riaprire il dibattito sullo Ius soli (la cittadinanza acquisita per il fatto di essere nati sul territorio dello Stato) definito dallo stesso «quale assoluto diritto naturale della giovane che è nata a Catania e dove ha vissuto per la maggior parte della propria vita e dove ha la propria famiglia». È a Catania, dunque, «che Sarah ha diritto di restare», dice l’avvocato. «Possibile che l’Italia debba rimanere così indietro» per quanto concerne la cittadinanza? Nei mesi scorsi la difesa della giovane ha inviato una lettera alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni chiedendo di intervenire sulla lacuna normativa al fine di concedere la cittadinanza italiana alla giovane. «Non ho ancora ricevuto risposta», confida il legale. Espellere Sarah significherebbe privarla per sempre dei propri (e unici) legali famigliari e della propria identità personale, «diritti fondamentali assoluti e – conclude – riconosciuti dai padri costituenti all’art. 2 della Carta Costituzionale».
Foto copertina: ANSA/SEA WATCH | Salvataggio persone migranti al largo delle coste siciliane
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