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L’ex portavoce di Salvini va ancora in Russia: «Navalny come Assange. Tutti ossessionati da Putin»

22 Febbraio 2024 - 04:59 Redazione
vladimir putin gianluca savoini matteo salvini
vladimir putin gianluca savoini matteo salvini
Gianluca Savoini parla anche del memorandum tra il Carroccio e Russia Unita

Il giornalista Gianluca Savoini è stato portavoce di Matteo Salvini. Il suo nome è legato al caso Metropol sui fondi alla Lega dalla Russia, dopo la diffusione della registrazione nell’hotel. L’indagine della procura di Milano è finita con un’archiviazione. Oggi ha scritto il libro Da Pontida al Metropol – La lunga guerra dei poteri forti internazionali contro Lega. E difende il Capitano su Alexei Navalny e dice che l’Occidente ce l’ha con la Russia: «Ormai tutti sono ossessionati in maniera psicopatologica dalla Russia. Viviamo in questa cappa dove Russia significa il crimine, l’inferno, il male assoluto. E poi se qualcuno ha a che fare con la Russia diventa un mostro. Guardate cos’è successo a Marine Le Pen per aver chiesto un prestito, poi restituito, a una banca della Repubblica Ceca con partecipazioni di banche russe».

Navalny e Assange

Sul dissidente russo morto in carcere ha le idee chiare: «Quello che è successo a Navalny è quello che succede da tempo ad Assange. Non è che io voglia fare dei paragoni tristissimi, però quello che vale per uno vale anche per l’altro. Perché nessuno ha speso una parola per Gonzalo Lira, il giornalista americano morto nelle carceri ucraine? Usare due pesi e due misure mi fa schifo». Difende la partecipazione del Carroccio alla manifestazione di Roma: «È morta una persona. E quando muore una persona non si può scherzare. Però bisognerebbe anche evitare di strumentalizzare questa morte. Comunque la Lega fa parte del governo, e per evitare problemi al governo, è normale che sia andata in piazza. Però un conto sono un governo e un sistema politico schierati, un’altra il Paese reale che ha opinioni anche diverse».

Putin e la studentessa

Parla anche del video con Putin e la studentessa, ovvero Irene Cecchini: «Putin parlava anche alla politica. A tutti i politici italiani – da Letta a Prodi, da Conte a Salvini – che hanno avuto un ruolo di governo fino al 2019. Tutti lo invitavano a Roma e andavano a Mosca a definire accordi commerciali per le nostre imprese, trattandolo come si tratta un partner importante». E aggiunge che va spesso in Russia: «Certo, ci vado tranquillamente dato che mia moglie è russa e ho anche il visto matrimoniale. Gli amici che avevo da trent’anni per me rimangono amici. A differenza di molti italiani che fanno i Badoglio, e quando va tutto male saltano dall’altra parte, in Russia se sei una persona corretta e seria non ti voltano le spalle».

Il memorandum

Infine, parla del memorandum d’intesa tra la Lega e Russia Unita, il partito dello zar: «Si trattava di un memorandum di collaborazione, nell’ambito di istituzioni come ad esempio il Consiglio d’Europa e l’Ocse al quale erano ammessi anche parlamentari russi. Dialogavamo su temi come la lotta all’immigrazione, la difesa delle identità e anche la lotta alle sanzioni, perché per noi della Lega rovinavano le aziende italiane senza portare alcun beneficio politico. È stato impossibile riconfermare il memorandum perché a un certo punto i deputati russi sono stati espulsi da questi organismi».

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