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Vittorio Emanuele Parsi torna in tv dopo il malore e riprende la battaglia: «Putin peggio di Stalin, ecco perché dobbiamo armare l’Ucraina»

25 Febbraio 2024 - 16:56 Diego Messini
Il docente della Cattolica a "In Mezz'Ora" dopo oltre due mesi di assenza rilancia la sfida per Kiev: «Emozionato come il primo giorno»

Non nasconde l’emozione, il professor Vittorio Emanuele Parsi, tra i più rinomati docenti italiani di relazioni internazionali, al ritorno in tv dopo oltre due mesi di assenza forzata per via del malore che lo colpì lo scorso 27 dicembre mentre si trovava a Cortina. «Emozionato come fosse la prima volta», scrive sui social il prof della Cattolica di Milano poco prima di tornare nello studio di Monica Maggioni, a In Mezz’Ora. La stessa conduttrice Rai, d’altra parte, è almeno altrettanto emozionato, al momento di ridare il benvenuto a Parsi. «Felicissimi di riaverti qui». Soccorso d’urgenza dopo il malore, il politologo ha visto la morte in faccia – come ha raccontato in una commovente intervista al Corriere della Sera – per quella che si è rivelata essere una dissezione dell’aorta. Ma si è ripreso, poco alla volta, sino a tornare ad assumere tutte le sue funzioni: di docente, scrittore, commentatore. Oltre a quelle legate alla sua privata, ovviamente. E così, dopo aver partecipato alla manifestazione nazionale contro il regime di Vladimir Putin per l’uccisione di Alexei Navalny, tiene fede al suo impegno di infondere tutti i suoi rinnovati sforzi per “svegliare l’Europa” (e gli europei) di fronte alle minacce geopolitiche che incombono.

Davide contro Golia

L’occasione è il secondo anniversario dell’inizio della guerra su larga scala contro l’Ucraina, che Maggioni ripercorre in un lungo viaggio. «Cambierà il mondo, anzi l’ha già cambiato», osserva Parsi. Secondo cui non è un caso che proprio ora sia stata decretata la fine del principale oppositore politico di Putin: «La guerra esterna procede di pari passo alla repressione interna alla Russia. La morte di Navalny non a caso due anni dopo quasi esatti l’avvio della guerra restituisce l’immagine di un regime convinto di poter fare ciò che vuole, ma che vive anche in uno stato di paranoia securitaria, che vede pericoli nella “Nato che abbaia al confine”, come ebbe a dire con parole sfortunate qualcuno (Papa Francesco, ndr), ma anche in delle persone che depongono un fiore». Parsi, che è anche un ufficiale di Marina, riconosce che sul terreno la situazione si è fatta al momento difficile per l’Ucraina. Ma proprio per questo sostiene sia indispensabile raccogliere gli appelli che arrivano pressanti da Kiev e continuare a fornire armi a quel Paese, anzi se possibile aumentare i rifornimenti. «Proprio perché sul piano degli effettivi non c’è confronto possibile: i russi dispongono di un numero di reclute potenziali infinitamente superiore ai soldati ucraini, al fronte da due anni quasi senza ricambi, va assicurato che la situazione sia compensata da una superiorità di Kiev sul piano degli armamenti». Dalla resistenza dell’Ucraina all’oppressore, ribadisce insomma Parsi, passa insomma anche la tenuta attuale e futura dell’Europa. Quando finirà dunque la “sporca guerra” lanciata da Putin? «È chiaro che la sua chiusura passerà come per ogni altro conflitto da un negoziato. Ma dobbiamo tenere presente non solo che l’Ucraina non può rinunciare al suo territorio, ma anche che le serviranno garanzie perché non diventi una nuova Bielorussia, cioè perché sia evitato il ritorno sotto tallone di Putin, il cui regime è oggi peggio del peggiore stalinismo». 

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